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Tirreno radioattivo, “Affondate 30 navi”

Secondo il memoriale del pentito di ’ndrangheta reggino Francesco Fonti

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Dalle dichiarazioni i rapporti delle ‘ndrine con lo Stato e i servizi segreti

 

DI GESTIONE

 

CETRARO – Il ritrovamento di fusti nei pressi di una nave inabissata nei fondali antistanti la costa di Cetraro potrebbe essere la prima conferma di quanto rivelato da Francesco Fonti, pentito reggino.

 

Fonti, aveva parlato di tre navi fatte sparire dalla ‘ndrangheta nel 1992, grazie alla collaborazione del clan Muto. Si tratta della Yvonne A, la Cunski e la Voriais

Sporadis.

 

Ma il totale delle navi inabissate lungo il periplo della Calabria sarebbe decisamente più alto, anche se non si ha, ad oggi, una cifra certa. Nel 2004 la “Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esse connesse” parlò di 47 affondamenti. Per Fonti sono oltre trenta.

 

Francesco Fonti è pentito di ‘ndrangheta sin dal 1995 dopo essere stato affiliato con il livello di “sgarro” alla famiglia Nirta, con la quale aveva anche legami di parentela. Ecco alcuni brani del memoriale che ha consegnato nelle mani della Direzione nazionale antimafia.

 

“Nirta mi spiegò – si legge nel verbale – che gli era stato proposto dal ministro della Difesa

Lelio Lagorio, col quale aveva rapporti, di stoccare bidoni di rifiuti tossici e occultarli in zone della Calabria. L’ipotesi ventilata a Roma era quella di sotterrarli in alcuni punti dell’Aspromonte e nelle fosse naturali marine che c’erano davanti alle coste ioniche”.

 

Il boss calabrese, però, pare non volesse questa responsabilità e si decise che ogni famiglia avrebbe gestito in proprio il business dopo una serie di incontri di cui uno anche al santuario di Polsi, a San Luca, dove si teneva l’incontro annuale di tutta la ‘ndrangheta.

 

Il racconto fornito da Fonti scende nel particolare delle modalità per gli ‘smaltimenti’.

 

“Io stesso – continua Fonti – mi sono occupato di affondare navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi. Avevo stretto rapporti nei primi anni ’80 con la grande società di navigazione privata Messina, di cui avevo incontrato un emissario con il boss Paolo De Stefano di Reggio. Ci assicurarono la disponibilità di fornire alla famiglia di San Luca navi per eventuali traffici illeciti. Nel 1992, nell’arco di un paio di settimane abbiamo affondato tre

navi indicate dalla società Messina: nell’ordine la Yvonne A, la Cunski e la Voriais Sporadais. La Yvonne A trasportava 150 bidoni di fanghi, la Cunski 120 bidoni di scorie radioattive e la Voriais Sporadais 75 bidoni di varie sostanze tossiconocive. Le imbarcazioni erano tutte al largo della costa calabrese in corrispondenza di Cetraro, a Cosenza. Andai lì a prendere accordi con un esponente della famiglia Muto, al quale chiedemmo manodopera. Ci mettemmo in contatto con i capitani delle navi tramite baracchino e demmo disposizione a ciascuno di essi di muoversi nell’arco di una quindicina di giorni. La Yvonne A andò per prima al largo di Maratea, la Cunski si spostò poi in acque internazionali in corrispondenza di Cetraro e la Voriais Sporadais la inviammo per ultima al largo di Genzano. Poi facemmo partire tre pescherecci forniti dalla famiglia Muto e ognuno di questi raggiunse le tre navi per piazzare candelotti di dinamite e farle affondare, caricando gli equipaggi per portarli a riva”.

 

Nelle carte del pentito reggino anche cenni al numero di affondamenti e ai rapporti della ‘ndrangheta con i servizi segreti.

 

“So per certo – continua l’ex boss – che molti altri affondamenti avvennero in quel periodo, almeno una trentina, ma non me ne occupai in prima persona. Non mi ha stupito sapere che tali traffici avvenissero con simile frequenza, perché le coperture necessarie per non avere fastidi erano in atto da tempo. In particolare, io e la famiglia di San Luca avevamo rapporti diretti con alcuni esponenti in vista dei servizi segreti. Come ho già detto, nei primi anni Ottanta Giuseppe Nirta convocò una riunione dei capi dopo essere stato contattato dal ministero della Difesa, e proprio in quel momento era stato contattato anche da due collaboratori del Sismi, Giorgio Giovannini e Giovanni Di Stefano, i quali chiesero alla famiglia di San Luca se fossero disposti a fornire manodopera per trasportare rifiuti tossici e radioattivi”.

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About Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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