TORTORA – “Il riso fa buon sangue”.

Carissimi lettori, il proverbio con il quale do inizio a questa nuova rubrica è scientificamente provato e si sposa bene con la lettera che stiamo per esaminare: H, come Humor.
La nostra rubrica, come certamente ricorderete, ha già trattato il tema della gioia che ha sicuramente delle assonanze con quello di questo mese. Ma se nella rubrica sulla gioia abbiamo dato un accento più esistenziale e pratico alla riflessione, in quest’occasione ci soffermiamo di più sull’aspetto esterno, cioè su quell’essere chiamati ad essere: le tanto rimpiante persone con il sorriso sempre sulle labbra. Non si tratta quindi di un atteggiamento concreto, ma di un modo di essere, più precisamente di presentarsi agli altri.
La Santa di Calcutta, quell’essere dal fisico smilzo ma che ha rivoluzionato una buona parte del globo terrestre, diceva queste parole: “un sorriso non costa nulla, arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona”. Che bello! Bèh, sono le parole di una santa ma non ci ha chiesto nulla di impossibile, anzi! Ci ha detto qualcosa di fattibile per tutti.
Quello di cui stiamo parlando non è l’euforia, e Madre Teresa non era una donna euforica, ma una donna con il sorriso. L’euforia dura pochi istanti, è qualcosa di frizzante, di adrenalinico, il sorriso è uno status. Riscoprire questa dimensione del relazionarsi quotidiano, vuol dire, inserire nel tran tran quotidiano una positività che davvero lenisce le ferite, stempera gli animi, smorza l’acredine. Per noi persone “professioniste” so bene che questo discorso suona alquanto infantile e stupido. Ma guardando alla realtà non mi sento di peccare di ingenuità o di puerilismo spicciolo, anzi le statistiche mi danno ragione.
Oggi le malattie dovute allo stress sono numerose. Il Dizionario di salute mentale, aggiunge sempre nuovi disturbi al suo elenco e la causa principale è dovuta al modo con cui si affronta la vita, senza sorriso appunto.
Le statistiche ci informano sul fatto che se la vita si accorcia è proprio per i ritmi disumani e senza sorriso che viviamo. Diciamocelo, non vale la pena ‘morire per stress’ (cfr l’omonimo libro).
Il grande spettacolo televisivo Zelig, tra i suoi comici annovera i tre giovani che imitano gli Emo, che stigmatizzano in maniera ironica lo stato d’animo malinconico e triste che si registra nel mondo giovanile, riflesso di quello degli adulti. Lo so che il mondo ha bisogno di soldi, di pane, concretezza ma se manca il sorriso, manca tutto. Occorre capire ciò che davvero conta, e ciò che più necessita oggi per cambiare le sorti di questo mondo stanco di vivere e incapace di sorridere. Eppure di cose ne abbiamo inventate.
Parafrasando il Vangelo posiamo dire: abbiamo inventato l’energia atomica e non abbiamo sorriso; siamo andati sulla luna e non abbiamo sorriso; scoperto l’America e non abbiamo sorriso; il voto a suffragio universale e non abbiamo sorriso; l’emancipazione della donna e non abbiamo sorriso; la nutella, le pringles, facebook, addirittura Checco Zalone, e ancora non sorridiamo.
Insomma che bisogna fare per strappare un sorriso? E se il primo a sorridere fosse proprio Dio?
Non sono eretico. In un volume delle Suore del Divin Sorriso leggiamo: “Non c’è umorista così vivace, imprevedibile e sorprendente come il Signore. Egli si diverte a scompigliare i nostri piani, a sconvolgere i nostri schemi, a capovolgere i nostri progetti, a far crollare le nostre impalcature. È l’eterno disturbatore. Quando il tuo cuore si appisola, vi penetra come il verme nella mela e rode, rode sino a che tu non riprovi quella sete di Lui che sola ti fa vivere, mentre ti fa morir; quando il tuo occhio si posa su qualcosa che ti pare il traguardo della felicità, Egli subito te lo appanna, e quel che ti pareva importantissimo diventa banale, povero, di fronte alla forza della Sua seduzione; quando hai accumulato denaro e vorresti dormire fra guanciali di banconote, te le riduce in cenere; ti accorgi allora che dormire per terra fa bene, non solo al tuo spirito, ma anche al tuo corpo. Egli ha disseminato il mondo di stelle, di luci e colori, ed è contento se le cogli; ma guai se te ne riempi la bisaccia: te la scuote e ti ritrovi il sacco vuoto solo se ci metterai lui- che ha un peso “soave e leggero”- potrai riprenderti sulle spalle la bisaccia. Ama mettere in imbarazzo tutti: non ha forse dato le chiavi della sua chiesa a chi lo aveva tradito per ben tre volte? Non ha forse resi perplessi eternamente coloro che sono in autorità chinandosi a lavare i piedi di umilissimi pescatori; non continua forse a irritare tutti i pastori di questo mondo con la Sua unica pecorella, quella nera, più importante delle novantanove? Non ha forse messo nei pasticci i padri con la faccenda del Figliol prodigo, i risparmiatori con quella dei talenti, gli evasori fiscali con il “Date a Cesare”, ect.»[1].
Bello questo scritto vero? È proprio una toccasana… è il caso di dire che ci lascia con il sorriso sulle labbra.
Lo consegno a voi, alle vostre giornate cupe e senza sorriso, perché li dove quotidianamente lavorate, faticate, amate, soffrite, possiate regalare un sorriso a chi vi sta accanto. Io lo sto facendo, forza fatelo anche voi… guai a chi non sorride,
parola di don Fiore.
A. Pronzato, La nostra bocca si aprì al sorriso, Umorismo e fede, Gribaudi, Milano, 2004, 88-90.
[1] A. Pronzato, La nostra bocca si aprì al sorriso, Umorismo e fede, Gribaudi, Milano, 2004, 88-90.
Imparare ad affrontare le vita con la leva dell’umorismo… da non confondere con l’effimera frenesia.
TORTORA – “Il riso fa buon sangue”.
Carissimi lettori, il proverbio con il quale do inizio a questa nuova rubrica è scientificamente provato e si sposa bene con la lettera che stiamo per esaminare: H, come Humor.
La nostra rubrica, come certamente ricorderete, ha già trattato il tema della gioia che ha sicuramente delle assonanze con quello di questo mese. Ma se nella rubrica sulla gioia abbiamo dato un accento più esistenziale e pratico alla riflessione, in quest’occasione ci soffermiamo di più sull’aspetto esterno, cioè su quell’essere chiamati ad essere: le tanto rimpiante persone con il sorriso sempre sulle labbra. Non si tratta quindi di un atteggiamento concreto, ma di un modo di essere, più precisamente di presentarsi agli altri.
La Santa di Calcutta, quell’essere dal fisico smilzo ma che ha rivoluzionato una buona parte del globo terrestre, diceva queste parole: “un sorriso non costa nulla, arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona”. Che bello! Bèh, sono le parole di una santa ma non ci ha chiesto nulla di impossibile, anzi! Ci ha detto qualcosa di fattibile per tutti.
Quello di cui stiamo parlando non è l’euforia, e Madre Teresa non era una donna euforica, ma una donna con il sorriso. L’euforia dura pochi istanti, è qualcosa di frizzante, di adrenalinico, il sorriso è uno status. Riscoprire questa dimensione del relazionarsi quotidiano, vuol dire, inserire nel tran tran quotidiano una positività che davvero lenisce le ferite, stempera gli animi, smorza l’acredine. Per noi persone “professioniste” so bene che questo discorso suona alquanto infantile e stupido. Ma guardando alla realtà non mi sento di peccare di ingenuità o di puerilismo spicciolo, anzi le statistiche mi danno ragione.
Oggi le malattie dovute allo stress sono numerose. Il Dizionario di salute mentale, aggiunge sempre nuovi disturbi al suo elenco e la causa principale è dovuta al modo con cui si affronta la vita, senza sorriso appunto.
Le statistiche ci informano sul fatto che se la vita si accorcia è proprio per i ritmi disumani e senza sorriso che viviamo. Diciamocelo, non vale la pena ‘morire per stress’ (cfr l’omonimo libro).
Il grande spettacolo televisivo Zelig, tra i suoi comici annovera i tre giovani che imitano gli Emo, che stigmatizzano in maniera ironica lo stato d’animo malinconico e triste che si registra nel mondo giovanile, riflesso di quello degli adulti. Lo so che il mondo ha bisogno di soldi, di pane, concretezza ma se manca il sorriso, manca tutto. Occorre capire ciò che davvero conta, e ciò che più necessita oggi per cambiare le sorti di questo mondo stanco di vivere e incapace di sorridere. Eppure di cose ne abbiamo inventate.
Parafrasando il Vangelo posiamo dire: abbiamo inventato l’energia atomica e non abbiamo sorriso; siamo andati sulla luna e non abbiamo sorriso; scoperto l’America e non abbiamo sorriso; il voto a suffragio universale e non abbiamo sorriso; l’emancipazione della donna e non abbiamo sorriso; la nutella, le pringles, facebook, addirittura Checco Zalone, e ancora non sorridiamo.
Insomma che bisogna fare per strappare un sorriso? E se il primo a sorridere fosse proprio Dio?
Non sono eretico. In un volume delle Suore del Divin Sorriso leggiamo: “Non c’è umorista così vivace, imprevedibile e sorprendente come il Signore. Egli si diverte a scompigliare i nostri piani, a sconvolgere i nostri schemi, a capovolgere i nostri progetti, a far crollare le nostre impalcature. È l’eterno disturbatore. Quando il tuo cuore si appisola, vi penetra come il verme nella mela e rode, rode sino a che tu non riprovi quella sete di Lui che sola ti fa vivere, mentre ti fa morir; quando il tuo occhio si posa su qualcosa che ti pare il traguardo della felicità, Egli subito te lo appanna, e quel che ti pareva importantissimo diventa banale, povero, di fronte alla forza della Sua seduzione; quando hai accumulato denaro e vorresti dormire fra guanciali di banconote, te le riduce in cenere; ti accorgi allora che dormire per terra fa bene, non solo al tuo spirito, ma anche al tuo corpo. Egli ha disseminato il mondo di stelle, di luci e colori, ed è contento se le cogli; ma guai se te ne riempi la bisaccia: te la scuote e ti ritrovi il sacco vuoto solo se ci metterai lui- che ha un peso “soave e leggero”- potrai riprenderti sulle spalle la bisaccia. Ama mettere in imbarazzo tutti: non ha forse dato le chiavi della sua chiesa a chi lo aveva tradito per ben tre volte? Non ha forse resi perplessi eternamente coloro che sono in autorità chinandosi a lavare i piedi di umilissimi pescatori; non continua forse a irritare tutti i pastori di questo mondo con la Sua unica pecorella, quella nera, più importante delle novantanove? Non ha forse messo nei pasticci i padri con la faccenda del Figliol prodigo, i risparmiatori con quella dei talenti, gli evasori fiscali con il “Date a Cesare”, ect.»[1].
Bello questo scritto vero? È proprio una toccasana… è il caso di dire che ci lascia con il sorriso sulle labbra.
Lo consegno a voi, alle vostre giornate cupe e senza sorriso, perché li dove quotidianamente lavorate, faticate, amate, soffrite, possiate regalare un sorriso a chi vi sta accanto. Io lo sto facendo, forza fatelo anche voi… guai a chi non sorride,
parola di don Fiore.

A. Pronzato, La nostra bocca si aprì al sorriso, Umorismo e fede, Gribaudi, Milano, 2004, 88-90.
[1] A. Pronzato, La nostra bocca si aprì al sorriso, Umorismo e fede, Gribaudi, Milano, 2004, 88-90.