PAOLA – La Procura di Paola chiede il processo per 16 imprenditori del Tirreno cosentino accusati di frodi fiscali (art. 2 dlg del 200 n.74; dichiarazioni fraudolente). Si avvalevano per truffare l’agenzia delle entrate, secondo le indagini, di fatture emesse per operazioni inesistenti. Sono accusati di aver nello specifico evaso l’imposta sui redditi e sul valore aggiunto.
Il pubblico ministero Maria Camodeca ha chiesto pertanto il rinvio a giudizio nei confronti di Giuseppe Marsico, Pietro Bossio, Vincenzo Cauterucci, Sergio Chianello, Concetta Daniele, Massimiliano Mammoliti, Gerardo Marcone, Maria Carmela Martino, Antonio Miceli, Francesco Novello, Pasquale Novello, Marcello Novello, Maria Luisa Osso, Salvatore Ramundo, Bruna Salerno, Luigi Sarubbi. L’udienza preliminare per decidere se rinviare o meno a processo gli indagati nel procedimento è stata fissata per il prossimo 2 dicembre. I presunti raggiri sarebbero stati commessi nei comuni di Scalea, Paola, Fuscaldo, Amantea, Santa Domenica Talao e San Lucido.
Minuziose ed articolate le indagini svolte dalla Procura che vedono coinvolti quali indagati rappresentanti legali di società dislocate sulla costa, di strutture ricettive, di costruzioni. Quale parte offesa nel procedimento la direzione delle Entrate della Regione Calabria.
Nutrito il collegio difensivo degli imputati composto tra gli altri da Giuseppe Bruno, Domenico De Rosa, Luigi Crusco, Alfredo Garritano, Pasquale Vaccaro, Nicola Piluso, Vincenzo Adamo.
Quella che viene ipotizzata è una vera e propria frode fiscale che sarebbe stata commessa dagli indagati, che fino a prova contraria si professano tutti innocenti, dal 2010 al 2012.
La guardia di finanza di concerto con l’agenzia delle entrate ha ricostruito per tutti e sedici le persone coinvolte nel procedimento le presunte evasioni tracciando le fatture incriminate e catalogandole per operazioni che mai sarebbero state effettuate. Una serie di controlli incrociati hanno quindi consentito di scoperchiare l’evasione. Le fatture sono anche di importi molto consistenti. Non sarebbero stati versati nelle casse statali migliaia e migliaia di euro. Tra gli indagati anche il rappresentante legale (Luigi Sarubbi) di una società che si occupa di ambiente, la Seam Srl di Scalea.