SCALEA – Per i giudici del tribunale di Paola, Pasquale Basile, condannato a 15 anni di reclusione, era l’organizzatore dell’associazione di stampo mafioso capeggiata da Pietro Valente e Mario Stummo.

All’ex sindaco del Comune di Scalea – come si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado depositate lo scorso 27 novembre 2015 – “viene ascritta la condotta di organizzatore, unitamente a Francesco Galiano e Antonio Stummo (detto Gianmarco), per avere conformato la politica comunale recependo le indicazioni dei promotori che, in particolare, determinavano l’aggiudicazione degli appalti ad imprese da quelli indicate”.
Secondo il collegio giudicante le prove esaminate in riferimento ai reati contestati hanno dimostrato l’esistenza dell’associazione mafiosa e illustrato un ruolo di primissimo piano che Basile “riveste nell’associazione quale persona designata dai dirigenti (Valente e Stummo) per orientare l’azione politico-amministrativa del Comune di Scalea al soddisfacimento dei desiderata del clan”.
La linea difensiva adottata dai legali di Basile durante il processo “non ha offerto una spiegazione alternativa seria dei granitici elementi di accusa dei quali tutta l’istruttoria svolta è impregnata, che delineano Pasquale Basile quale politico pienamente asservito alle logiche criminali, molto attento all’immagine da veicolare all’esterno, uomo nuovo della politica non così ingenuo da non riuscire a districarsi tra affari politici e malavitosi, un amministratore che ha concorso ad organizzare l’associazione in esame unitamente agli altri amministratori, Francesco Galiano e Antonio Stummo, con il ricorso a figure professionali, come l’avvocato Mario Nocito, asservite al perseguimento degli illeciti scopi associativi”.
“Per tanto – concludono i giudici nel capitolo Basile – deve essere affermata senza esitazione la sua responsabilità per il reato di associazione di tipo mafioso quale organizzatore”.
È questo dunque il reato più grave commesso dall’ex sindaco, per il quale, “essendo l’imputato incensurato e fino ai fatti per cui è processo era persona totalmente estranea a contesti criminali, come l’istruttoria dibattimentale ha dimostrato”, la pena minima è di dodici anni di reclusione.
Pena alla quale si aggiungono altri 3 anni per i reati di corruzione (un anno), per turbata libertà degli incanti in concorso e in maniera continuata – appalto per i servizi di igiene ambientale del 2011 (sei mesi) e bando di gara del 2011 per l’assegnazione dei lotti demaniali marittimi (tre mesi) –, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (sei mesi), tentata concussione in concorso e in maniera continuata (sei mesi) e corruzione in concorso – piano commerciale – (tre mesi).
“Le peculiarità dell’associazione scaleota – scrivono i giudici nella sentenza – che si è manifestata proprio in occasione dell’accordo elettorale di appoggio della criminalità locale al sindaco Basile, consentono di ritenere che i reati commessi erano verosimilmente già previsti nel programma criminoso del sodalizio […]. Nonostante i reati posti in essere dall’imputato siano di inaudita gravità […] gli aumenti per la continuazione vengono contenuti al minimo sia per l’incensuratezza e sia perché essi rappresentano l’essenza della sua appartenenza al sodalizio”.
