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Riaprire l’ospedale di Praia a Mare, cosa chiedono i sindaci

DI ANTONIO PRATICO’ e PASQUALE LAMBOGLIA*

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PRAIA A MARE – Come uomini delle istituzioni, Sindaci di piccole realtà, siamo ormai certi che la politica territoriale per salvare questa Italia minore è nelle mani dei Sindaci, che si trovano a dover salvaguardare servizi di primaria importanza ed essenziali per i cittadini, in primo luogo l’assistenza sanitaria. Si sta perpetrando in tutto il Paese qualcosa di profondamente ingiusto alle spalle di intere comunità e in questo momento Praia a Mare e Tortora rappresentano idealmente tutte quelle zone periferiche e disagiate che puntualmente vengono immolate come agnello sacrificale sull’altare dei numeri. Fare il Sindaco è una grande responsabilità, farlo in comuni dell’ “Italia minore” sta diventando sempre più difficile, perché la politica centrale è indifferente al destino di questa parte d’Italia definita “marginale”, abbandonata da sempre, lasciata sola ad affrontare problemi vitali, con risorse economiche risicate. Periodicamente gli organi centrali e territoriali mettono in discussione l’esistenza di piccoli ospedali, e dimenticano che senza quei presidi la comunità ad essa legata si indebolisce, il legame con il territorio si spezza, si fa sempre più concreta per i cittadini la scelta dell’abbandono, dell’avvicinarsi alle “comodità”. Il diritto all’accesso alla sanità pubblica sta diventando un privilegio riservato a chi vive in aree urbanizzate, e invece un miraggio man mano che ci si allontana dall’epicentro delle città capoluogo. La politica della centralizzazione dei servizi sta sperperando quello che è stato faticosamente conquistato e costruito negli anni, ha impoverito aree dell’Italia minore in cui le persone scelgono di continuare a vivere nonostante l’isolamento, i disagi, i disservizi e l’inevitabile pendolarismo. P

La politica ministeriale e regionale in questi ultimi anni ha saputo unicamente “ragionare sui numeri”: ha tagliato di netto ospedali, reparti e risorse, non tenendo in considerazione le peculiarità di ogni area, i bisogni propri delle popolazioni, i difficili equilibri fra città e periferie. Le scelte sono state simili ovunque. Così, non abbiamo soltanto servizi sanitari disomogenei fra nord e sud del Paese, ma anche all’interno di una stessa regione o provincia, fra città e zone marginali. Si sono creati cittadini di serie A e di serie B. La differenza può essere la vita e la morte. A questo quadro, come amministratori, abbiamo il dovere di opporci. Gli ospedali ed i servizi sociosanitari delle zone disagiate e di periferia vanno difesi, ed i primi a farlo devono essere i Sindaci di questa Italia minore, che unendosi al di là delle appartenenze politiche devono far sentire alta la loro voce per una battaglia di civiltà. In molte delle nostre aree i LEA vengono disattesi, così come la delicata catena dell’emergenza- urgenza. Sulla carta leggi nazionali e regionali tutelano le aree disagiate, ma nei fatti non ci sono investimenti di risorse. Al contrario, tanti piccoli e medi ospedali rischiano, manovra finanziaria dopo manovra, di essere dismessi oppure impoveriti e resi inefficienti a tal punto che i numeri ne decretano la chiusura. Il diritto alla Salute però non può fare i conti sui numeri, deve tornare ad avere al centro il cittadino. Dipende anche da noi realizzare veramente il programma politico della nostra Costituzione e realizzare il rispetto dell’articolo 32. È il momento per noi Sindaci di metterci il doppio dell’impegno, dello spirito e della volontà. Troppi servizi sanitari ed ospedalieri sono stati sottratti alla collettività, i continui tagli alla sanità finiscono per no tutelare tutti i cittadini allo stesso modo. I numeri sembrano guidare ogni scelta, i numeri e le statistiche sono diventati i nostri tiranni. Ma noi abbiamo il dovere di provvedere ai bisogni dei cittadini dei nostri territori, anche per rendere possibile ai giovani ed ai bambini che vivono nei nostri piccoli comuni di poter costruire serenamente il loro futuro. E per farlo è necessario preservare e garantire i servizi essenziali, ed in primo luogo la sanità. La principale richiesta è tanto sensata quanto semplice: nelle aree disagiate e periferiche, in cui la vastità del territorio, le distanze e la viabilità incidono pesantemente sui tempi di percorrenze e di intervento, devono essere garantiti presidi ospedalieri con attività di Pronto Soccorso che rendano possibile il reale diritto alla salute, con una reale e qualificata attività di emergenza- urgenza.

Non si può pensare ad un elisoccorso che possa sopperire un ospedale in loco, basti pensare che l’elicottero non può volare in determinate condizioni meteorologiche. E questo è un punto fermo sul quale non ci può essere negoziazione, perché significherebbe mettere a rischio la vita dei cittadini. La presenza di un qualificato Pronto Soccorso nei territori disagiati e periferici deve essere garantita in ogni parte d’Italia. La nostra richiesta d’ascolto è il grido di dolore di gente stanca di essere spinta a sradicarsi dalla terra dove vuol vivere perché quella terra è impoverita di servizi anno dopo anno. La mistificazione delle parole e la fuorviante propaganda sono uno degli aspetti che più feriscono, e fanno perdere la fiducia in chi viene delegato ad amministrare per il bene comune. I cittadini sono trattati come sudditi dalla politica, sudditi che devono accettare di essere guidati senza essere messi a conoscenza delle decisioni che li riguardano da vicino. Oggi siamo arrivati al punto che i cittadini non possono fidarsi dei loro e devono difendersi dalla politica. Per quanto ci riguarda, la riorganizzazione sanitaria in Calabria ha di fatto messo in crisi, sotto molti aspetti, la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, tant’è che ha creato discriminazione tra i cittadini, poiché chi vive in zone periferiche ha visto lentamente svuotarsi i presidi ospedalieri più vicini fino alla chiusura di interi reparti e addirittura di Pronto Soccorso, trasformati in Punti di Primo Soccorso, con la trasformazione di presidi efficienti in un insieme di ambulatori. L’assistenza deve essere tempestiva ed appropriata, caratterizzata da qualità e sicurezza indipendentemente dal luogo di erogazione e deve garantire l’integrazione dei diversi attori coinvolti nell’intervento. L’intesa raggiunta il 5 agosto 2014 tra il Governo, la Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano segna una svolta nel dibattito aperto in molte regioni italiane circa la qualità e la misura dell’assistenza sanitaria garantita nelle aree geograficamente disagiate del nostro Paese. I cittadini stanno vivendo sulla propria pelle l’impoverimento dei servizi e notevoli difformità nell’esigibilità del diritto alla salute a seconda del luogo di residenza e della fascia di reddito, mentre la corruzione e la cattiva gestione inghiottono risorse preziose, come si legge nel Libro bianco dell’Istituto per la promozione dell’etica in sanità (Ispe-Sanità) che ha stimato la corruption nella Sanità in Italia nel solo 2013 in 6,4 miliardi per corruzione, 3,2 miliardi per inefficienza e 14 miliardi per sprechi di risorse ed il 30% dei casi. Le risultanti Linee Guida ricalcate con poche modifiche sullo schema del decreto Balduzzi introducono elementi di ragionevolezza e costituiscono un ausilio per la difesa dei diritti fondamentali anche di quei cittadini che, vivendo in una zona periferica o disagiata, sono

portatori di esigenze evidentemente diverse da quelle standardizzate sulla realtà dei grandi conglomerati urbani e delle città metropolitane. Il punto 9.2.2 delle ridette Linee Guida (decreto Balduzzi) stabiliscono che “occorre garantire una attività di pronto soccorso con la conseguente disponibilità dei necessari servizi di supporto, attività di medicina interna, di chirurgia generale ridotta”. Risulta evidente che allo stato attuale il sistema sanitario della Regione Calabria non è uniforme né equo e non dà accesso universale ed uguale per tutti: è necessario quindi ristabilire pari dignità e soprattutto sicurezza per tutti i cittadini. Alla luce di tutto quanto premesso e considerato, la nostre Amministrazioni chiedono: – che la salute del cittadino torni ad essere fulcro e priorità di ogni azione politica; – che il personale medico ed infermieristico, ogni giorno in prima linea, torni ad essere protagonista della programmazione aziendale; – che il Piano Socio-sanitario tuteli i residenti in zone disagiate con indicazioni stringenti, chiare e non eludibili, circa l’equità dell’accesso alle cure: si propone il ripristino di tempi massimi di percorrenza relativamente ai servizi sanitari ospedalieri e, conseguentemente, verifica caso per caso dell’effettivo rispetto degli stessi; – che la Regione Calabria tuteli il diritto alla salute come bene pubblico e si impegni ad investire e passi a riconsiderare l’Ospedale di Praia a Mare, nella speranza che queste considerazioni possano dar vita ad un proficuo confronto, perché questo chiedono le nostre popolazioni. Alla Regione Calabria, e per essa al Presidente della Giunta, on.le Mario Oliverio, chiediamo la ridefinizione delle funzioni della struttura ospedaliera di Praia a Mare, trasformando la stessa in Centro clinico di assistenza distrettuale di zona particolarmente disagiata, dotato del seguente assetto organizzativo:  PPI di tipo C con personale dedicato  20 posti letto di degenze per acuti di medicina generale  Day surgery  Degenza infermieristica  Applicativi di Telemedicina (per teleconsulto e telediagnosi) A tanto vanno configurate, nell’ambito dello stesso P.O., le funzioni caratterizzanti la Casa della Salute già previste e che qui si ribadiscono:  Punto unico di accesso (PUA)  Poliambulatorio specializzato integrato  Ambulatorio infermieristico  Continuità assistenziale

 Assistenza domiciliare integrata  Day service  A.P.A.  Ambulatorio terapia antalgica  Dialisi – nefrologia 16 posti al giorno  Gastroenterologia  Radiologia tradizionale  T.A.C.  Mammografia  M.O.C.  O.C.T.  Ecografia  Risonanza magnetica (RMN) Queste scelte devono essere fatte proprie da Ministero e Regione Calabria perché assumano un valore ancora più importante, confermando così la giustezza delle battaglie portate avanti in questi anni a difesa del nostro ospedale e del diritto alla salute per tutto il territorio dell’Alto Tirreno Cosentino; al fine di ridare al presidio di Praia a Mare le funzionalità sopra citate attraverso il riconoscimento del CODICE OSPEDALIERO per le zone periferiche e di confine, per come definito all’interno del Decreto Balduzzi.

*rispettivamente sindaco di Praia a Mare e sindaco di Tortora


About Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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