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Territorio e Tumori, nuovi dati allarmanti

In 6 comuni del Tirreno cosentino 2,6 percento di malati di cancro su 20mila pazienti. Dati raccolti da medici di famiglia aderenti allo Smi meritano approfondimento.

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PAOLA – Su 20mila 705 pazienti verificati sono 547 i malati di cancro, il 2,6 percento.

Già alcuni anni fa un gruppo di medici di famiglia di Paola aderenti al Sindacato medici italiano, aveva effettuato una prima ricerca sulla presenza di patologie neoplastiche nel territorio. La raccolta dati era stata anche ripresa dalla stampa nazionale. Di recente, su richiesta di tanti cittadini e associazioni locali, i medici dello Smi Condino, Maiorano, Iorio, Gravina, De Blasi, Siciliano, Mirarchi, Castiglione, Cesario, Scigliano, Trotta, Lucente, Calderazzo e De Matteis hanno fatto una nuova verifica.

Nel corso dello scorso anno hanno “semplicemente” controllato la presenza di neoplasie tra i propri assistiti, per un confronto costruttivo tra di loro e per trarne quindi dei suggerimenti. La ricerca effettuata in sei comuni del Tirreno cosentino è stata di recente oggetto di dibattito presso l’Auser di Paola. I comuni interessati sono stati Paola, Cetraro, Acquappesa, Fuscaldo, Fiumefreddo e San Lucido.

“Gli assistiti verificati – ci dice De Matteis – sono stati 20mila 705 e i malati 547”. I dati sono stati elaborati da Raffaele Gallo dell’Università della Calabria. De Matteis che li ha raccolti per illustrarli ha ribadito che “non è un ricerca scientifica, ma una semplice valutazione della presenza di quali e quanti pazienti di questi medici fossero affetti da tumore”.

Dalla ricerca di sei anni fa, si evidenziava una crescita notevole di patologie neoplastiche con particolare incidenza nelle fasce giovanili. Molti hanno anche richiesto una seria ricerca scientifica, per cercare di individuare le possibili cause che influiscono nella presenza di tali patologie.

Le morti recenti di giovanissimi paolani hanno ridestato l’allarme. L’elenco dei decessi per neoplasie è in crescita esponenziale. Un comitato per la lotta ai tumori, sorto mesi fa, ha lanciato l’allarme circa la strana incidenza di patologie in una zona a nord della città. In contrada Sotterra, in particolare in un raggio ben determinato, sono presenti diversi casi di sclerosi multipla. Tutti i soggetti sono nati dopo gli Anni ’60. Nella stessa zona è stata evidenziata un’incidenza di decessi per neoplasie. Alcuni abitanti della zona inoltre segnalano il degrado progressivo della flora circostante, gli stessi hanno notato la strana colorazione di alcuni tratti di terreno.

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About Francesco Maria Storino

Attualmente collaboratore della Gazzetta del Sud ha lavorato per La Provincia, Comunità 2000, Edizioni master, Il Quotidiano della Calabria e Corriere dello Sport. Cura particolarmente la cronaca giudiziaria.

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2 comments

  1. Intanto la massima solidarietà agli amici di Paola e immediati dintorni colpiti da questi accidenti. È la solidarietà offerta da gente che per fortuna è esente da questa maledetta piaga. Non si spiegherebbe altrimenti l’inesistenza assoluta dell’assistenza oncologica nell’alto Tirreno cosentino.
    Al Capt di Praia, all’Asp di Scalea e in altri siti sanitari nella zona sono operativi diversi ambulatori a indirizzo specialistico, manca solo la podologia e la copertura sarebbe ottimale.
    L’oncologia no. Evidentemente mancano i pazienti.
    È ovvio che questo è un problema relativo, sarebbe come aprire un negozio di congelatori ai poli artici o stufe a pellet in pieno Sahara.
    La faccenda diventerebbe interessante in vista di una (solo ipotetica e impossibile) scoperta che anche in questo territorio il cancro avesse messo le radici. In questo caso gli eventuali pazienti dovrebbero affrontare un iter sanitario che in altre parti sarebbe paradossale; per la Calabria è ordinaria amministrazione.
    Solo per esempio: dal 20 gennaio u.s. la signora Lorenzin (capoccia della Sanità in Roma) ha stabilito che alcuni esami, troppo costosi per la collettività, vangano prescritti solo dallo specialista. Nel nostro caso dall’oncologo.
    Limitandoci alla zona specifica citata, succederebbe questo: il medico di base dovrebbe richiedere (su ricetta rossa) una visita oncologica per la compilazione di una impegnativa per l’esame richiesto; il paziente interessato dovrebbe prenotare la visita tramite il Cup di riferimento (nel nostro caso Cosenza), fare un salto a Paola, prelevare la carta rossa e cercare dove andare a fare l’esame particolare. La scelta sarebbe ampia: Roma, Napoli, Salerno, Rionero, tutti a un tiro di schioppo da questa zona. Ovvero a Catanzaro, Vibo o Reggio Calabria.
    Ma questa scelta avverrebbe solo alla fine del percorso prescrittivo, e, nonostante tutto, non sarebbe la parte peggiore dell’iter.
    Potrebbe però succedere che alcuni pazienti, chiaramente sprovveduti, siano sotto controllo da tempo da un oncologo di altra Regione (diciamo, ma solo per comodità, Basilicata e, visto che è il punto oncologico più prossimo, Lagonegro): con l’impegnativa del medico di base, questo medico specialista, sempre previa prenotazione dal Cup di riferimento (Potenza), dovrebbe compilare la richiesta, motivandone il motivo sulla base della storia clinica del paziente, già ben conosciuta visto che egli stesso ne è il compilatore.
    Semplice, oserei dire logico. Forse troppo.
    Visto che l’impegnativa cita “visita oncologica”, il Cup non riterrebbe opportuno segnalare altro che non siano data e orario dell’incontro.
    Per sempio avvisare che quello specialista non può più fare impegnative per residenti di altra Regione, sempre in virtù dello stesso dettato della signora Lorenzin.
    Rassegnarsi? Giammai!
    Seguendo il citato percorso paolano, questo paziente dovrebbe recarsi a Paola, portare le sue scartoffie all’oncologo prenotato e ricevere l’impegnativa richiesta.
    Che questi, mai visto né conosciuto, pu non sapendo nulla della sua storia clinica, ciò nonostante, gliela compili con tanti auguri, mi pare leggermente fuori dal mondo.
    Vabbé, stiamo parlandone tanto per passare il tempo; quando il problema dei tumori si presenterà in zona ci sarà sicuramente un modo di affrontarlo debitamente attrezzati. Per adesso se ne sta interessando solo la magistratura, tanto fumo e poco arrosto, per cui passeranno secoli prima che venga stabilito che anche qui il cancro è presente.
    Nel frattempo, chi dovesse averlo se lo tenga stretto come se si trattasse di una malattia rara.
    Purtroppo, per noi san Francesco (quello di Paola) continua a essere a casa del diavolo e non risulta che qui operi miracoli…