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Piazza pulita, l’alternativa dopo il vuoto di Frontiera

C’è anche la denuncia di una madre. Gli indagati si muovevano nelle piazze di spaccio “svuotate” dall’operazione Frontiera della Dda

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PRAIA A MARE – È febbraio del 2017. Una donna entra trafelata nella caserma dei carabinieri di Praia a Mare. Vuole parlare.

Racconterà di aver sentito suo figlio, 35enne, parlare al telefono con qualcuno che ritiene sia uno spacciatore. Hanno appuntamento di lì a poco nei pressi di un distributore di benzina vicino al viale cittadino. L’incontro denunciato dalla madre in ansia si terrà e sarà osservato dai carabinieri.

La persona incontrerà il figlio come tramite di un terzo soggetto, noto anch’egli in città come spacciatore di cocaina. Uno che per coprire la sua “reale” attività gestisce un negozio nella piazza centrale. Uno che, coinvolto in altre operazioni antidroga, spaccia nonostante le misure alternative concesse dai giudici.

Ma c’è un’altra circostanza. Solo una settimana prima, era stato proprio il figlio della donna a recarsi dai carabinieri di Praia a Mare per denunciare un’aggressione. Era stato malmenato – ha detto ai militari – da un’altro uomo per via di un quantitativo di “roba” non pagata.

Queste due circostanze, l’incontro e l’aggressione, costituiranno poi gli antefatti dell’operazione Piazza pulita. Un anno circa di investigazioni concluse con l’arresto di 5 persone e un gruppo di 8 indagati.

Nuove leve nelle piazze libere

Gli indagati gestivano le piazze di spaccio di Praia a Mare e Tortora resesi “libere” dopo il vuoto lasciato dall’operazione Frontiera della Dda contro il clan Muto di Cetraro.

“A Praia a Mare – sostengono gli investigatori – non c’è un vero capo zona che detiene il controllo esclusivo sulle singole piazze. Ma ci sono più canali diversi tra loro sia per qualità dello stupefacente trattato che per i soggetti che a vario titolo partecipano all’attività illecita”.

Insomma, se è sparito il controllo degli spacciatori “autorizzati” dal clan cetrarese non è di certo scomparsa la “domanda” di coca locale oltre che di marijuana e hashish. In questi ampi margini di movimento si sono mosse queste nuove aspiranti leve.

“In assenza di una struttura verticistica – ancora gli inquirenti – esistono una serie di piazze autonome e indipendenti che, all’occorrenza, interagiscono tra loro per sopperire ad eventuali mancanze temporanee di stupefacente dei singoli spacciatori”.

Uno scenario che spinge chi ha indagato a non dipingere il gruppo come “organizzato”. Insomma, ognun per sé e sprazzi di collaborazione solo in periodi di mancanza temporanea di stupefacente.


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