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Basilicata e petrolio, Legambiente: “Eni nemica del pianeta”

Oggi la protesta eclatante di Goletta Verde nella valle del petrolio: in Basilicata l’equipaggio espone lo striscione “Eni ememy of the planet”.


PISTICCI – “Eni Enemy of the Planet”.

È quanto era scritto su uno striscione esposto dall’equipaggio di Goletta Verde nel corso di una manifestazione di protesta sulla spiaggia di Marina di Pisticci, in provincia di Matera.

Uno slogan che è anche il titolo di un dossier di Legambiente sull’attività dell’azienda italiana “che per il quarto anno consecutivo si qualifica come migliore società esplorativa del settore” petrolifero.

Mentre anche quest’anno è in corso il tour-campagna Goletta Verde, gli attivisti, diretti in Calabria, hanno fatto tappa in Val d’Agri.

Qui “c’è il giacimento a terra più importante d’Europa, con 38 pozzi, di cui di cui 22 eroganti. Qui, dove Eni è operatore di maggioranza della concessione con il 61%, i giacimenti nel 2017 hanno fornito il 38% della produzione Eni in Italia”.

L’azienda energetica a prevalente capitale pubblico – secondo Legambiente – rappresenta un pericolo per il clima, proiettata come è verso un futuro di espansione delle estrazioni di petrolio e gas e che riserva alla fonti pulite solo “briciole di investimenti”.

eni goletta verde pisticci

Con il “blitz” di Marina di Pisticci si è chiesto a Eni un’inversione di marcia.

“Pensiamo che Eni stia sbagliando rotta – ha detto il portavoce di Goletta Verde, Mattia Lolli – e chiediamo al governo Conte di essere coerente con gli impegni sottoscritti a livello internazionale e di avviare al più presto un piano di riconversione delle attività che punti alle rinnovabili.

Oggi le fonti fossili godono di sussidi pari a 18,8 miliardi di euro, ma le rinnovabili sono competitive e possono sostituirle in tanti usi. Fermare le nuove ricerche di petrolio e gas, promuovere l’efficienza e le rinnovabili nella produzione elettrica, nell’industria, nei trasporti e nell’edilizia: questa è la soluzione per liberarci dalla dittatura delle fossili”.

eni goletta verde pisticci

Legambiente sostiene che 20 anni di attività estrattive in Val d’Agri hanno messo a rischio la salute della popolazione oltre che le risorse naturali, l’economia e l’identità dei territori.

E ricorda lo sversamento più eclatante: quello al centro oli di Viggiano, nel 2017, e tutto quello che ne è seguito per l’ambiente fino all’arresto con l’accusa di disastro ambientale, abuso d’ufficio e falso ideologico di un dirigente Eni, mentre altre 13 persone sono state indagate.

“Mentre tutto il mondo parla di lotta alla crisi climatica, di obiettivi di decarbonizzazione e di come sviluppare urgentemente azioni di adattamento e di mitigazione al surriscaldamento globale, l’Eni batte il suo record di produzione: 1,9 milioni di barili al giorno nel 2018, il numero più alto mai registrato dalla compagnia con un +5% di produzione rispetto al 2017”. sostiene Legambiente.

E aggiunge: “Nell’Appennino Centro-Meridionale Eni è operatore di maggioranza della concessione Val d’Agri, con il 60,77%, dove sono presenti i giacimenti di Monte Alpi, Monte Enoc e Cerro Falcone. Nel 2017 i giacimenti hanno fornito il 38% della produzione Eni in Italia”.

“In Basilicata è necessario definire una strategia d’uscita dal petrolio e dalle fonti fossili – aggiunge il presidente di Legambiente Basilicata, Antonio Lanorte –.

Dopo anni di sfruttamento petrolifero, Eni dovrebbe davvero cominciare a restituire al territorio almeno parte di quanto, ed è tanto, ha ricevuto da esso. E dovrebbe farlo attraverso un ritorno rilevante per i territori in termini di progetti reali di compensazione socio-ambientale che recuperino il protagonismo delle comunità locali.

In vista del rinnovo decennale della concessione Val d’Agri una vera exit strategy dal petrolio va attuata mettendo in campo reali piani industriali ed efficaci progetti di transizione verso comparti produttivi moderni e sostenibili lontani dal petrolio, capaci di incrementare gli attuali livelli occupazionali.

Tenendo ben presente che ogni idea di sviluppo per queste aree non può continuare ad essere imperniata sullo sfruttamento delle risorse petrolifere. Al contrario i prossimi anni dovranno essere fondati su una riconversione 100% rinnovabile del sistema energetico, con la dismissione graduale dei pozzi attivi, la bonifica delle aree contaminate, il rafforzamento e il recupero di credibilità di un sistema di controllo e monitoraggio gestito dalla mano pubblica e il blocco immediato di qualsiasi ampliamento dei progetti di estrazione”.


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