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Cedro di Santa Maria, lotta di potere o per lo sviluppo?

“Fuoco amico” sul presidente del Consorzio del Cedro di Calabria Angelo Adduci che in 15 anni non ha fatto decollare il prodotto.


Chi a Santa Maria del Cedro ha dimestichezza con i fatti del cedro ha accolto con un certo distacco, non privo però di interesse, i recenti attacchi portati al presidente del Consorzio del Cedro di Calabria, Angelo Adduci.

Al timone dell’organismo dal 2005, si è visto imputare molte colpe da alcuni soci del consorzio stesso che hanno fatto sapere di aver scritto ai vertici regionali, dal presidente all’assessore e fino al capo dipartimento, per chiedere provvedimenti.

Ovvero – in sostanza – scuotere o addirittura rimuovere Adduci, reo di una gestione insoddisfacente, di penalizzare il prodotto stesso, di non riuscire a svolgere appieno il mandato politico per la sua valorizzazione.

Ancora, di aver condotto un ente con conti non in ordine, svenduto il patrimonio di attrezzature del consorzio, pagato in ritardo i consorziati.

E – non da ultimo – di essere in procinto di perdere anche la sede operativa, che qui tutti ricordano come Tuvcat, prima cooperativa sorta per il progresso del cedro.

Incastonata tra i villaggi turistici e la Ss 18, l’area prevede un ampio piazzale e un capannone industriale, entrambi descritti come in condizioni fatiscenti.

L’area (in rosso) che ospita la sede del Consorzio del Cedro di Calabria

Il tutto è stato dato in comodato al Consorzio del Cedro di Calabria dal “cuginoConsorzio di Bonifica integrale dei bacini del Tirreno cosentino, ex Valle Lao, che qualche tempo fa ha però chiesto la restituzione del bene immobile.

C’è comunque una circostanza da sottolineare prima di procedere. La lettera che in queste ore circola tra addetti alla comunicazione e cedricoltori è orfana delle firme, ma non dovrebbe esserci dubbio che alla Cittadella regionale sia arrivata con nome e cognome dei soci sottoscrittori.

Le irregolarità contabili e finanziarie denunciate nella lettera appaiono gravi e dovranno eventualmente essere poste all’attenzione di appropriati organi di controllo se non di giustizia. 

Il Consorzio del Cedro di Calabria è infatti, dal 2006, un organismo di diritto regionale regolato da apposita legge. Ovvero la numero 23 dell’ottobre 2004, “Norme per la salvaguardia del cedro di Calabria e per l’istituzione del Consorzio per la tutela del cedro”.

Appare del tutto vero, va aggiunto, che il cedro non ha mai fatto quel balzo in avanti sui mercati, a differenza di altri prodotti tipici calabresi: peperoncino, bergamotto, clementine, patate, cipolla e via dicendo.

Ciò, sia in termini di salvaguardia del prodotto con marchio riconosciuto (Dop, Igp, eccetera) che di notorietà del marchio affidata, quest’ultima, a una timida presenza sul web e a qualche manifestazione celebrativa dal respiro corto, prettamente locale.

Torniamo a coloro che, all’inizio di questo articolo, abbiamo appellato come persone bene informate delle vicende del cedro.

Essi riconoscono che Adduci non abbia saputo traghettare il cedro in una dimensione appropriata dopo che il consorzio stesso era stato in grado, invece, di calmierarne il prezzo.

Prima – mi raccontano – a guadagnare davvero dalla coltivazione del cedro erano i commercianti che grazie allo sparpagliamento degli interessi dei coltivatori decidevano il prezzo, sempre molto basso.

L’avvento della società consortile ha condotto a un vero potere di contrattazione, che ha quanto meno raddoppiato il prezzo del cedro.

Quello che poi è mancato, dunque, è tutto il resto: marchio e promozione. E non è poco. Quindici anni di tempo per il presidente Adduci senza conseguire questi due obbiettivi sono obiettivamente tanti, troppi.

Le più smaliziate delle fonti che ho interpellato puntano inoltre l’attenzione su due aspetti: i soldi e la politica

Sui primi o, meglio, sui finanziamenti che la Regione indirizza al consorzio nell’ordine di alcune centinaia di migliaia di euro all’anno, è più che giusto che venga dato conto

Ovvero, di come gli organi di gestione – praticamente il solo Adduci – abbiano impiegato queste somme, soprattutto in ossequio agli obbiettivi dettati dalla legge.

Ma, soprattutto – si domanda -, c’è garanzia che le somme future saranno ancora indirizzate al Consorzio, organismo di diritto regionale? O lo stesso finirà nel tritacarne (per certi versi anche giusto) degli enti pubblici e simili, improduttivi quando non parassitari?

Per quanto riguarda il versante politico fa riflettere che il vaso venga scoperchiato proprio mentre sul territorio, come altrove in Calabria, si metta in moto la macchina propagandistica per le elezioni regionali del febbraio 2021.

Enti come i consorzi sono legati a doppio filo con la politica regionale dalla quale attraggono fondi e verso la quale indirizzano consenso.

Insomma, esiste il rischio che la vicenda si potrebbe inquadrare come lotta di potere piuttosto che per imprimere sviluppo al prodotto.

Quel cedro che, così fosse, sarebbe l’unica vittima di questa contesa


About Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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