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Sanità Calabria, il commissariamento è parzialmente incostituzionale

Sentenza della Corte costituzionale: “Non basta cambiare il vertice. Lo Stato provveda a struttura con personale esterno”.

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Il commissariamento della sanità calabrese è “parzialmente incostituzionale”, come stabilisce la sentenza della Corte costituzionale del 23 luglio 2021.

L’incostituzionalità risiede nel fatto che, se la struttura commissariale è sottodimensionata, deve provvedere lo Stato, inviando personale esterno, libero da condizionamenti territoriali.

Ecco il testo del comunicato stampa della Corte costituzionale.

In situazioni particolarmente critiche come quella dell’ultradecennale commissariamento della sanità della regione Calabria, lo Stato non può limitarsi a un “mero avvicendamento del vertice, senza considerare l’inefficienza dell’intera struttura sulla quale tale vertice è chiamato a operare in nome dello Stato”.

È quindi incostituzionale non avere previsto che al prevalente fabbisogno
della struttura di supporto del commissario ad acta debba provvedere
“direttamente lo Stato” con personale esterno
.

È altresì incostituzionale avere imposto alla Regione di mettere a disposizione un contingente “minimo” anziché “massimo” di 25 unità di personale regionale.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 168 del 2021 (redattore Luca Antonini) dichiarando in questi termini l’illegittimità dell’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150 (Misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della regione Calabria e per il rinnovo degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario), convertito nella legge 30 dicembre 2020, n. 181.

Secondo la sentenza, nella riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione il riconoscimento del valore delle autonomie territoriali è in “prospettiva generativa” e quindi occorre dare “la prova concreta della realizzazione di determinati interessi essenziali”, la cui tutela spetta allo Stato quale “garante di ultima istanza”.

Questo potere sostitutivo dello Stato, tuttavia, deve essere “utile” e quindi si giustifica solo se garantisce effettivamente le esigenze unitarie della Repubblica invece compromesse dalla Regione.

Si “rischia altrimenti di produrre, a causa dell’impotenza cui si destina il commissario, un effetto moltiplicatore di diseguaglianze e privazioni in una Regione che già sconta condizioni di sanità diseguale”.

Pertanto occorre un intervento che comporti una prevalente sostituzione della struttura inefficiente con personale esterno altamente qualificato e fornito direttamente dallo Stato, in modo da evitare anche ogni possibile condizionamento ambientale.

Nella medesima pronuncia la Corte ha anche dichiarato l’illegittimità dell’articolo 6, comma 2, nella parte in cui non prevede, per l’assegnazione del contributo triennale di solidarietà di 60 milioni di euro, in alternativa al piano di rientro presentato dal Commissario per il periodo 2022-2023, l’approvazione di un nuovo piano di rientro presentato dalla Regione.

Quest’ultimo assolve, infatti, “la medesima funzione del programma operativo predisposto dal commissario ad acta e pertanto, qualora riconosciuto idoneo dal Consiglio dei ministri”, dimostrerebbe la volontà della Regione di intraprendere un cammino per uscire dalla lunga
situazione di stallo
.

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