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Dimissioni infermieri, sistema in sofferenza: Calabria, Campania e Toscana i casi più eclatanti

Indagine sindacale di Nursing Up: “Quelli che restano devono far fronte anche ai vuoti lasciati dai colleghi sospesi dalle aziende sanitarie perché non vaccinati”.


“Da una nostra indagine sindacale si registrano dimissioni di infermieri e altri operatori sanitari dai pronto soccorso degli ospedali italiani, mentre quelli che restano devono far fronte anche ai vuoti lasciati dai colleghi sospesi dalle aziende sanitarie perché non vaccinati. Siamo di fronte a una nuova emorragia che colpisce una sanità pubblica già carente. Toscana, Campania, Calabria i casi più eclatanti, ma non certo gli unici”.

A dirlo è Nursing Up, sindacato degli infermieri italiani che cita dati della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) secondo la quale attualmente in Italia ci sarebbe una necessità di copertura di 63mila infermieri.

“A questa cifra – dice Nursing Up – aggiungiamo gli infermieri di famiglia necessari, indicati dall’Agenas, uno ogni 2000-2500 abitanti, che si traducono in ben 24mila unità extra mancanti all’appello. Considerato che la Federazione, nei suoi conteggi, aveva già incluso i 9600 infermieri considerati inizialmente dal Dl Rilancio, ne mancano quindi ben 14mila, che vanno sommati ai 63mila”.

Quanto alla Calabria viene citato il caso del pronto soccorso di Rossano dove “il carico di lavoro che l’intero personale è costretto a sobbarcarsi” e il “personale stremato e sotto stress, continua a lottare con i flussi di pazienti Covid e pazienti ordinari”.

“E in tutto questo – dichiara Antonio De Palma, presidente Nursing Up -, le aziende sanitarie stanno sospendendo decine di operatori non vaccinati

Noi infermieri crediamo nell’evidenza scientifica e nella vaccinazione come strumento principale di prevenzione, nonostante nessuno deve infilare la testa sotto la sabbia di fronte alle incongruenze che si stanno verificando . 

Stiamo parlando anche di quei professionisti che hanno messo a repentaglio la loro vita per la collettività sociale durante il periodo dell’emergenza, che si sono infettati nel periodo clou della pandemia perché sforniti dei presidi a tutela della loro sicurezza e ai quali lo Stato non ha garantito proprio quegli strumenti minimi.

Oggi, sono costretti a far mancare il pane ai loro figli, nella generale indifferenza. Nessuno mette mano a una norma iniqua che consente alle aziende sanitarie l’allontanamento e la privazione dello stipendio, mentre potrebbero impiegarli diversamente.

Chiediamo – conclude allora De Palma – alle aziende sanitarie di effettuare una tempestiva ed approfondita revisione della propria organizzazione interna.

Richiamino subito in servizio gli infermieri e i medici sospesi per attività alternative, non a contatto con soggetti a rischio. Come ad esempio la telemedicina, la tele comunicazione sanitaria e/o il servizio attivo nelle centrali operative ai vari livelli del Ssn o altro”.

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