Novità nel processo Smeco, partito nel 2015. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei comuni di Santa Maria del Cedro, Tortora, Santa Domenica Talao e Verbicaro.

Processo Smeco sulla maladepurazione del Tirreno cosentino: lo scorso 27 settembre, la Corte di Cassazione ha rinviato al giudice civile per un nuovo giudizio in appello.
La suprema Corte ha così annullato una sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 2020 che a sua volta confermava il pronunciamento in primo grado di due anni prima del tribunale di Paola che aveva assolto perché il fatto non sussiste i tre manager Smeco Domenico Albanese, Gessica Lilia Plastina e Rosaria Rita Mazzacuva, dai reati di inadempimento e frode nelle pubbliche forniture, prescritti, e di disastro ambientale. Il processo era partito nel 2015.
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Alla sentenza di secondo grado avevano fatto ricorso in Cassazione quattro comuni del Tirreno cosentino: Santa Maria del Cedro, Tortora, Santa Domenica Talao e Verbicaro, difesi dall’avvocato Lucio Conte. Tuttavia, inizialmente, tra le parti civili erano costituite 13 municipalità e altri 100 soggetti a vario titolo tra privati e associazioni ambientaliste.
La richiesta alla Corte suprema dei 4 comuni ricorrenti era, appunto, l’annullamento della sentenza di Catanzaro.
“Come richiesto – fa sapere Conte – la Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello cui ha rimesso anche la liquidazione delle spese di questo grado di giudizio.
La Suprema Corte, ha ritenuto l’attribuibilità dei fatti illeciti tutti contestati agli imputati e ai responsabili civili con l’apporto causale di ciascun imputato, nonché in merito allo specifico contributo alla verificazione del disastro.
Sono soddisfatto – aggiunge Lucio Conte – della decisione della Suprema Corte di Cassazione. Voglio ora ricordare con un po’ di commozione l’avvocato Ernesto D’Ippolito di Cosenza, primo difensore del Comune di Verbicaro e deceduto nel corso della fase di appello. Ha speso tante energie per l’affermazione della verità”.

I responsabili civili nel processo Smeco sono le società Smeco Cosenza, Smeco Lazio, Giseco Cosenza, Hidrobrutium e Arbela.
Queste società, alcune in liquidazione e altre come le ultime due costituite o subentrate come “ramo d’azienda”, hanno gestito alcuni depuratori comunali della costa dal 2000 e per molti anni in seguito.
Secondo l’accusa, in determinati periodi, hanno commesso illeciti nella gestione, in alcuni casi sversando liquidi fognari e fanghi di depurazione direttamente nei corsi d’acqua e quindi in mare. Motivo? Risparmiare sui costi d’esercizio. Conseguenze? Inquinamento dell’ambiente e danni d’immagine e al turismo.
Nei primi due gradi i giudici avevano invece ritenuto che gli impianti di depurazione fossero inefficienti.
