Obblighi inaccettabili per i lavoratori denunciati dal sindacato in una ditta di giocattoli nel Catanzarese di proprietà settentrionale.

Vietato volantinare, vietato discorrere di politica o parlare in famiglia di ciò che avviene in azienda, avvertire di una gravidanza entro e non oltre il settimo mese.
Sono solo alcune delle “norme” imposte da una azienda di Milano ai dipendenti impiegati in una ditta di giocattoli in provincia di Catanzaro.
A denunciarlo la Filcams Cgil che parla di “una condizione di dipendenza non solo al lavoro ma nella vita, questo è quello che vorrebbero certi datori di lavoro”.
Condizioni giudicate inaccettabili, oltre che retrograde, dal sindacato: “Non si spiega come mai un’azienda avverta il bisogno di sottoporre contratti limitativi delle libertà individuali e sociali alle proprie lavoratrici e lavoratori dipendenti”.
Le regole di cui prima “violano palesemente le libertà politiche ed individuali stabilite dalla Costituzione della Repubblica Italiana, nonché dallo Statuto dei lavoratori e dai contratti nazionali.
La barbarie giuridica rispetto alle norme che regolano il lavoro in questo nostro Paese ha raggiunto livelli indicibili, aggravate dalla mancanza di controlli e di organismi ispettivi e da un certo lassismo delle Istituzioni e da un’imperante cultura anti-labour e sprezzante nei confronti di chi per vivere ha bisogno di lavorare”.
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La Filcams Cgil cita quindi lo sfogo diventato virale sui social dell’ingegnere che avrebbe avuto 750 euro di compenso per il suo lavoro definendolo “solo la punta di un iceberg della situazione con la quale giovani lavoratori e lavoratrici devono misurarsi. L’dea che il lavoratore o la lavoratrice siano a disposizione del datore di lavoro non solo per effettuare una specifica prestazione prevista e scritta in un contratto tra le parti, ma a prescindere dalla stessa è il sentire comune. Assieme al contratto di lavoro, il datore di lavoro pensa di avere in fitto o addirittura in possesso il corpo, la mente ed il cuore di chi è dipendente dall’impresa“.
Secondo il sindacato denunciante serve soprattutto un cambio radicale di cultura: “La Filcams CGIL Calabria non accetta e respinge questo tipo di cultura patronale che non deve trovare spazio nel mondo del lavoro. Invitiamo le lavoratrici ed i lavoratori ad organizzarsi liberamente per contrastare questi fenomeni, di denunciarli affinché altri non debbano subire un ritorno al secolo scorso in termini di diritti e di dignità sui luoghi di lavoro”.
