Nessuna certezza di nesso causale individuale tra tumori tra gli operai e sostanze chimiche utilizzate in fabbrica: le motivazioni per l’archiviazione del Marlane Bis.
Non si è stati in grado di dimostrare un nesso causale individuale tra i tumori che hanno colpito operai della Marlane di Praia a Mare e l’esposizione a sostanze chimiche utilizzate in fabbrica. Questa, in estrema sintesi, la motivazione addotta dal Gip di Paola, Paola D’Acunzo nel disporre l’archiviazione del procedimento denominato Marlane Bis (leggi qui la notizia).
citando la giurisprudenza della Corte di Cassazione, nelle motivazioni della decisione il Giudice per le Indagini Preliminari di Paola, focalizza il nodo della questione, che è la dimostrazione certa del nesso causale tra l’esposizione a una determinata sostanza chimica durante il lavoro e l’insorgere della malattia per ogni singolo lavoratore (causalità individuale), anche dimostrando con eguale certezza che la malattia non sia provocata da altre cause.
“I principi così espressi – si legge nel dispositivo – rendono particolarmente serio e vincolato l’accertamento del nesso causale, in quanto di regola, come nel caso che ci occupa, la verifica del nesso attiene a patologie multifattoriali, per cui sarà (oltre al quadro del ragionamento causale descritto) necessario anche dimostrare l’esclusione di cause diverse da quella lavorativa nella causazione dell’evento”.
E ancora: “Bisogna quindi accertare che quel determinato lavoratore sia stato esposto in quel determinato modo a quella determinata sostanza, di cui sia accertata natura, caratteristiche e quantità, e che in quel contesto determinato a livello spazio-temporale, nel detto lavoratore, quella esposizione abbia causato la malattia, escludendosi altre possibili cause della stessa”.
Non solo. Sempre in base alla giurisprudenza consolidata, il Gip ha tenuto in conto anche del confronto tra il periodo di iscrizione degli indagati e il periodo di lavoro del singolo lavoratore, concludendo che: “Invero, il lasso temporale che incorre tra l’attività prestata (o la cessazione dell’attività) e la ritenuta insorgenza della patologia è talmente ampio da escludere in radice alcuna prognosi di condanna, anche se si dimostrasse l’utilizzo di quella determinata sostanza da parte di quel determinato lavoratore astrattamente causativa della malattia specificamente sofferta dal detto lavoratore, perché in un lasso temporale così ampio sarebbe impossibile escludere, con oggettività giuridica, il concorso di altre cause a determinare o accelerare la causazione, in termini giuridicamente rilevanti come chiarito, della malattia. E anche laddove non emerge questo rilevante intervallo, in ogni caso mancherebbe tutto quanto necessario a ricostruire la causalità individuale, non fuoriuscendosi dal mero giudizio (anch’esso per nulla scontato) della causalità generale, non sufficiente a provare il nesso causale del caso concreto”.
Ha inoltre pesato per il giudice, richiamando l’articolo 408 del cpp (Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato) quanto stabilito dalla sentenza irrevocabile del Processo Marlane 1 (leggi qui), della quale le opposizioni hanno avanzato una lettura diversa.
Inoltre, le investigazioni svolte nell’ambito del secondo procedimento, oggetto come detto di archiviazione, non forniscono alcun sostegno all’ipotesi accusatoria, non consentendo in alcun modo di formulare un giudizio di causalità individuale. Compresi – si legge nella decisione – la documentazione tecnica, le dichiarazioni acquisite e l’incidente probatorio svolto.
“La sentenza di primo grado del giudizio che ha già interessato responsabili e dipendenti della industria Marlane evidenziava che sia il dato storico che il dato tecnico fossero viziati sin dall’origine, per impossibilità di ricostruire nel tempo e nello spazio le condotte di lavoro, non potendosi, in assenza di dati storici e tecnici certi, ricostruire quanto occorso per deduzione. Come chiarito ed emerso, inoltre, l’attività dell’azienda cessava nell’anno 2004, avendo già nel 1997 avuto una significativa battuta di arresto, per la chiusura dei reparti di tintoria.
Se i prelievi e gli accertamenti fatti negli anni 2006 e 2007 nulla hanno potuto riferire in punto di imputazioni quali quelle qui in esame (si evidenziava, invero, come la distanza temporale dai fatti non consentisse alcun accertamento in termini di certezza, tenuto conto anche delle modificazioni del contesto indagato), ancor meno sarebbero in grado di dire oggi, alla luce anche degli esiti degli accertamenti proprio operati nel presente procedimento, a distanza di molti anni dalla chiusura dello stabilimento”. È sulla base di queste ultime considerazione che il giudice ha ravvisato la mancanza di opportunità di svolgere ulteriori indagini, poiché “nulla aggiungerebbero alle risultanze descritte e alcun elemento utile apporterebbero rispetto alla ricostruzione della vicenda in esame”.
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