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San Marco Argentano, prefettura invia immigrati: la politica si scuote, il vescovo scrive ai cittadini

Il vescovo della diocesi San Marco Argentano – Scalea, monsigonr Stefano Rega si rivolge ai cittadini sul caso immigrati. La prefettura di Cosenza ha disposto il trasferimento di alcuni migranti in un ex hotel della cittadina.

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La prefettura di Cosenza ha informato il Comune di San marco Argentano che le verifiche tecniche sull’edificio ex hotel Il Baronetto hanno dato esito positivo, per cui è stato programmato nella struttura il trasferimento di 64 immigrati.

In merito, nei giorni scorsi, l’amministrazione comunale aveva sottolineato criticità al prefetto e chiesto un nuovo incontro “con una delegazione degli esponenti di maggioranza e di minoranza del consiglio comunale, una rappresentanza del comitato permanente dello Scalo e una degli imprenditori dell’agglomerato industriale del Follone”, si legge in una nota.

In città è prevista un’assemblea pubblica sul tema: “San Marco Argentano – fanno sapere dal municipio – è un paese che crede nel valore della solidarietà, e nell’accoglienza ispirata da criteri di umanità, con il fine di rispettare la dignità di ciascun ospite e garantendo a tutti sicurezza e condizioni di vita adeguate”.

Centro accoglienza immigrati San Marco Argentano, la lettera del vescovo

“Carissimi cittadini di San Marco Argentano, vivo con voi da un paio d’anni ed ho potuto notare la vostra buona testimonianza di fede in tante occasioni. La nostra fede trova il suo nutrimento nella Parola del Vangelo di Gesù Cristo ed è per questo motivo che ho deciso, anche io, di farvi giungere una mia nota in merito alla possibile apertura di un Centro di Accoglienza Straordinaria nella nostra comunità. Avverto per voi un amore paterno e insieme sento di non prendere posizione alcuna per l’una o l’altra parte politica in questa possibile contesa; avverto, invece, la responsabilità di dover essere sentinella di Dio per voi e di stare dalla parte di ogni uomo.

Mi preme dire che il Vangelo non può essere accolto in parte, a pezzi o solo quando non ci scomoda. Tra le altre cose, proprio nel Vangelo leggiamo che Gesù, insieme a Maria e Giuseppe, furono costretti alla fuga in Egitto. Gesù ha sperimentato nella sua carne cosa vuol dire essere profughi. Il Vangelo di Gesù Cristo ci apre all’accoglienza e anch’io, vorrei dirvi, a cuore aperto, non abbiate paura, perché chiunque accoglie lo straniero troverebbe nel testo biblico la giusta motivazione: ‘perché anche tu sei stato straniero‘ (Dt 10,19).

Oltretutto, in questo mondo siamo tutti stranieri, qui solo di passaggio perché destinati alla nostra vera patria che è il cielo. Non posso non dirvi che non bisogna avere paura del diverso, del povero sofferente, maltrattato e in fuga. Non solo non abbiate paura, ma vi dico di più: se mai questa situazione dovesse verificarsi dovremmo saperla leggere tutti come una provocazione alla nostra fede e testimonianza cristiana.

Si potrà così svelare il volto sincero della fede del popolo di San Marco che sempre ha saputo accogliere e integrare nella nostra cultura questi nostri fratelli in difficoltà. Ci sono interi paesi, di tradizione culturale albanese, qui accanto a noi che lo ricordano. Non possiamo avere paura neppure se il provvedimento non fosse di natura temporanea.

Anzi, sono certo che la carità e la fantasia di persone credenti e intelligenti potrebbero suggerire modi nuovi di essere cristiani in simili contesti. Lo dobbiamo ai nostri figli, ai quali siamo chiamati a consegnare ‘un mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato‘. L’accoglienza verso questi nostri fratelli, ovviamente, va garantita con i canoni della dignità e dell’umanità, ma anche con il senso della carità cristiana che sa leggere nel volto del povero sofferente quello di Cristo”.

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