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Arresti nel Reggino oggi, operazione dei carabinieri per tentato omicidio, armi e droga


Arresti nel Reggino oggi: cinque persone fermate per tentato omicidio, traffico di droga e possesso di armi da guerra.

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Un’operazione complessa e articolata ha portato oggi all’arresto di cinque persone, tutte legate da vincoli di parentela, con accuse gravissime: tentato omicidio, detenzione e porto di armi da guerra, detenzione e traffico di stupefacenti e ricettazione.

L’operazione, condotta dai carabinieri della compagnia di Melito Porto Salvo con il supporto dello Squadrone eliportato Cacciatori “Calabria”, del nucleo Cinofili di Vibo Valentia e della compagnia di Desio (provincia di Monza Brianza), rappresenta un duro colpo alla criminalità organizzata nella provincia di Reggio Calabria.

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria sotto la direzione del procuratore Giuseppe Lombardo, ha avuto inizio il 9 ottobre 2024. Quel giorno, un uomo residente a Montebello Jonico si è presentato all’ospedale di Melito Porto Salvo con una grave ferita d’arma da fuoco al collo. La situazione critica ha richiesto il suo immediato trasferimento al reparto di Rianimazione del Grande Ospedale Metropolitano (Gom) di Reggio Calabria. L’episodio ha subito attivato i carabinieri, che hanno avviato un’indagine approfondita per ricostruire la dinamica dell’accaduto e identificare il responsabile dell’attentato.

Le prime evidenze raccolte hanno indicato che l’arma utilizzata fosse una pistola a tamburo del tipo Rivoltella, un dettaglio suggerito dall’assenza di bossoli sulla scena del crimine e dalla tipologia dell’ogiva estratta dal corpo della vittima. Da quel momento, gli investigatori hanno avviato un lavoro minuzioso, esaminando la vita della vittima e i suoi contatti, per risalire ai responsabili dell’agguato.

Le scoperte durante le indagini

L’inchiesta, durata diversi mesi, è stata condotta con metodi investigativi avanzati, tra cui intercettazioni telefoniche e ambientali, che si sono rivelate decisive nell’identificazione degli autori del reato. Testimonianze cruciali e un’intensa attività di sorveglianza hanno permesso di delineare un quadro criminale complesso e ben strutturato.

Durante le perquisizioni nelle abitazioni e nei terreni degli indagati, i carabinieri hanno scoperto un vero e proprio arsenale da guerra. Tra le armi sequestrate figurano:

  • Una pistola tipo Rivoltella contenente 5 colpi calibro 7.65, ritenuta l’arma del tentato omicidio.
  • Un fucile automatico AK-47 Kalashnikov con matricola abrasa.
  • Ingenti quantità di munizioni ed esplosivi.
  • Circa mezzo chilo di cocaina, del valore di mercato di 150.000 euro.
  • 200 grammi di tritolo occultati in un barattolo di vetro.
  • Una bomba carta da 1,2 chilogrammi con miccia.

Il movente e le strategie di occultamento

Le intercettazioni hanno rivelato che gli arrestati operavano con estrema coesione familiare, agendo come un corpo unico. Il tentato omicidio sembrerebbe essere riconducibile a un debito della vittima per l’acquisto di droga. I contatti tra la vittima e gli indagati erano frequenti e avvenivano attraverso messaggi in codice, in cui termini come “un bacino” o “due bacini” indicavano le dosi di stupefacente richieste.

Nel corso delle indagini, gli arrestati hanno tentato più volte di eludere le investigazioni. In particolare, sono stati documentati tentativi di spostare le armi e ordini impartiti a familiari affinché mantenessero il silenzio con gli inquirenti. Uno degli arrestati è stato intercettato mentre ordinava alla figlia e al cognato di non rivelare nulla, oltre a tentare di nascondere ulteriori armi da guerra, non ancora rinvenute dai militari.


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