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Italiani, popolo di infelici


Editoriale
di Andrea Polizzo


Ma gli italiani sono felici? Ognuno di noi si pone abbastanza questa domanda? E quali sono i fattori della vita degli uomini che contribuiscono a questo indispensabile sentimento?
Una recente ricerca, condotta dall’Institute for social research dell’Università  del Michigan, ha stilato una singolare classifica sul grado di felicità  delle nazioni del mondo. Il belpaese si piazza al 46mo posto di questa speciale graduatoria che vede primeggiare la Danimarca seguita sul podio da Porto Rico e Colombia. Tra i primi dieci paesi felici altre nazioni europee come Islanda, Irlanda del Nord, Irlanda, Svizzera, Olanda e Austria. E ancora, gli italiani sono meno felici di francesi e spagnoli ma pi๠di portoghesi e greci. Lo Zimbabwe chiude la classifica.
I parametri presi in considerazione per misurare la felicità , hanno spiegato i responsabili della ricerca, sono principalmente crescita economica, grado di democratizzazione e tolleranza sociale. Ponderando questi tre criteri in Italia non c’è da stare allegri.
La crescita economica, nella sua accezione moderna, si misura generalmente attraverso il Pil e nello specifico attiene agli incrementi di voci come occupazione, capitale, consumi, ricerca scientifica, nuove tecnologie, merci, servizi. In Italia, da diversi anni, voci come occupazione o ricerca scientifica sono piuttosto asfittiche mentre proprio recenti dati descrivono una sensazionale crisi nei consumi degli abitanti dello stivale.
Quanto al grado di democratizzazione, alzi la mano chi pensa che in Italia le componenti civili, sociali e politiche alla base della democrazia siano saldamente protette. Segnali negativi anche sulla tolleranza sociale. Basta guardarsi attorno per tastare con mano fenomeni di ondate xenofobe tra raid punitivi e ministri che vogliono prendere le impronte ai bambini rom.
La felicità . Si puಠrealmente essere felici in un paese come l’Italia? E ancor peggio: puಠun giovane esserlo? Non oggi. La felicità  assente sarebbe aiutata quantomeno da un buon grado di speranza per il futuro. Ma come puಠun giovane italiano,oggigiorno, avere speranza nel futuro? Tutto parte dal lavoro. Per un giovane italiano, che entra nel mondo del lavoro quasi ai trent’anni, si profila una condizione di precariato che nei casi pi๠estremi non si abbandona mai. Nell’immediato gli è impensabile ricercare la felicità  nel piacere da determinati beni di consumo inaccessibili, nella soddisfazione professionale o nella costituzione di un nucleo familiare. Lo stesso vale nel lungo periodo per le scarse possibilità  di risparmio e di contributi previdenziali.
In sostanza gli italiani sono tra le persone pi๠stressate d’Europa e forse del mondo. Quando si teme per il futuro, non si ha fede nella giustizia e si diffida dell’informazione; quando ci si rifugia sempre pi๠in noi stessi, nei vuoti della programmazione televisiva; quando si ha paura dell’altro come avviene nel nostro amato Paese, la felicità  è una nave che raramente giunge a questi porti.
Attraversiamo una crisi economica che sempre pi๠ci consegna ad una crisi dei sentimenti, dei valori, delle idee. Per quanto attendibile possa essere una ricerca volta a misurare scientificamente qualcosa di materialmente impalpabile come un sentimento, il nostro quarantaseiesimo posto è un dato preoccupante e, per certi versi, addirittura ottimistico.

Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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