Il canile attaccato dagli animalisti è in buone condizioni
Invito dei proprietari: “Venite a vedere con i vostri occhi”
DI ANDREA POLIZZO
TORTORA – Il “Viven’s” di Tortora apre le sue porte per sfatare il falso mito che lo vuole “canile dell’orrore”.
La struttura, gestita dai coniugi Ventimiglia, sorge nei pressi del fiume Noce, è dotata di un laboratorio veterinario proprio e comprende anche un allevamento di cani di razza. La sua capienza massima è di 150 unità ed è convenzionata con sette comuni dell’alto Tirreno.
Le gabbie appaiono spaziose e in buone condizioni igieniche. I proprietari ed il personale si mostrano meticolosi nelle pulizie e non disdegnano di rifilare dalle sbarre qualche carezza ben accolta dai loro ospiti.
“Noi – dice Vincenzo Ventimiglia – lavoriamo sodo per mantenere l’igiene del canile e la salute dei cani. Eppure continuano a circolare voci di maltrattamenti. Invito tutti a venire a vedere in prima persona le condizioni della struttura. Facciamo questo lavoro perché siamo appassionati di cani, non potremmo mai fargli del male”.
Da tempo, il Viven’s è additato come struttura inefficiente, in cui i cani vengono ospitati in condizioni igienico sanitarie inaccettabili. Tra le altre accuse, quella di rimettere periodicamente in circolazione alcuni randagi per assicurarsi “nuovo lavoro”.
“Cosa impossibile – dice Vincenzo Ventimiglia – in quanto ad ogni cane che entra in canile viene apposto il microchip di riconoscimento dal veterinario dell’Azienda sanitaria provinciale e al cospetto di un vigile”.
Gli unici cani che possono tornare in libertà sono quelli adottati e gli esemplari femmina sterilizzati. “Ma – aggiunge Ventimiglia – quest’ultima eventualità non sempre avviene in pratica per la responsabilità che comporta liberare un cane potenzialmente aggressivo”.
In diversi centri della costa, Tortora è uno di questi, sono frequenti gli avvistamenti di branchi di randagi a spasso per i centri abitati. Per Ventimiglia ciò dipende dalla difficoltà dell’Asp di riuscire a intercettare i cani segnalati e accalappiarli. Ma, anche la limitata capacità di accoglienza delle strutture esistenti gioca un ruolo decisivo.
Mentre i comuni chiedono un maggior impegno all’Asp, gli animalisti propongono l’istituzione di oasi canine per la sterilizzazione in modo da tenere a bada il fenomeno senza segregare gli animali dietro le sbarre.
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