L’alfabeto della vita, B come benedire

Tredicesimo appuntamento con Chiesa e giovani in dialogo
Quante parole ‘usiamo’? Un invito a benedire l’esistenza


TORTORA – Il nostro vocabolario, nel suo evolversi continuo, è sempre più specializzato nel favorire la migliore comunicazione.

Di cose da dire ne abbiamo tante, ma proprio un’infinità, eppure… quanta povertà! La linea di demarcazione tra la chiacchiera e la parola è proprio molto sottile. E di chiacchiere ne facciamo tante, ma di parole ne pronunciamo poche.

Quante ore sprechiamo per raccontarci i risultati delle partite, oppure per narrare le ‘millenarie’ puntate di Beautiful. Ma le chiacchiere restano sempre vuote. Molte volte tutto quello che diciamo non ha reale fondamento. Lo spaccato tra mondo reale e parole dette è davvero profondo. Si corre, si pensa tanto ma la vita è sempre più solo calcolo e consumo, non è più bella da vivere. Appena mettiamo i piedi sul mondo già è stato deciso tutto. Il tempo da dedicare, il conto in banca da far fruttificare, il mestiere che dovremo svolgere, la moglie ideale e qualcuno addirittura pensa anche alla struttura cimiteriale che dovrà contenere le proprie spoglie mortali! Davvero un mare magno di chiacchiere.

Ma chi, davvero, si ritaglia il tempo per esprimere parole di benedizione? Quanto tempo si trascorre con i propri figli per dire loro che si è fieri di quello che sono? Oppure i giovani, quanto si fermano per benedire la vita che ci è stata donata gratuitamente?

Il Vangelo ci dice che la bocca parla dall’abbondanza del cuore. Ma il cuore non è infinito e bisogna fare una cernita per mantenervi dentro ciò che davvero conta e buttar via i pesi di troppo.  A mio modesto avviso, per pronunciare parole di benedizione per sé e per gli altri, occorre fare un’esperienza, quella di chi sa di essere nel mondo un ‘volente non voluto” (Piovani).

Piovani parla da non credente eppure constata che la sua vita è un dono. Solo chi entra in quest’ottica può superare l’errore più grave che la mente umana può commettere: il “paragone”. Questa tentazione è molto ben concettualizzata da Kierkegaard: “I Paragoni, che divengono altrettanti motivi di preoccupazione e di scontentezze, fanno dimenticare che ognuno è uomo a prescindere dalla differenza delle situazioni. La stima di sé (e degli altri) risiede nel riconoscimento della propria creaturalità, è la verità fondamentale che ci costituisce come esseri umani. Il paragone dimentica tale dignità fondamentale per fondarla su qualcosa di esteriore: i guai della vita, per sé e per gli altri, iniziano quando non si ritiene più sufficiente considerarsi come semplicemente uomini”[1].

Dobbiamo constatare che ci viene più facile maledire che benedire, e che il paragone, ci fa creare delle attese che poi si rivelano delusioni. Il mondo prima promette, poi abbandona. È urgente il ritorno a questo nuovo atteggiamento esistenziale. Fermarsi a benedire se stessi e chi ci circonda è il primo atto da compiere per vivere meglio. Il nostro cuore desidera parole buone e la vita è buona se le parole che ascoltiamo sono buone. Le ferite che ciascuno porta nel cuore sono frutto di parole mal-dette, e non bene-dette.

Forza, benediciamo e la vita sarà una benedizione.

Leggete le parole del brano che segue: sono un esempio concreto di quanto ho appena detto:

Sei enormemente magnifica

(da “…Il gufo disse”)

Così scrive una tredicenne nel suo diario personale.

“Il mio papà dice che sono enormemente magnifica. Io mi chiedo se lo sono davvero. Per essere enormemente magnifica…

Sara dice che bisogna avere bellissimi, lunghi capelli ricci come i suoi. Io non li ho.

Per essere enormemente magnifica… Gianni dice che bisogna avere denti bianchi e perfettamente dritti come i suoi. Io non li ho.

Per essere enormemente magnifica… Jessica dice che non devi avere quelle piccole macchie marroni sulla faccia che si chiamano lentiggini. Io le ho.

Per essere enormemente magnifica.. Marco dice che bisogna essere più intelligente della classe. Io non lo so fare.

Per essere enormemente magnifica… Stefano dice che bisogna saper dire le battute più buffe della scuola.. Io non lo so fare.

Per essere enormemente magnifica.. Laura dice che bisogna vivere nel quartiere più carino della città e nella casa più graziosa. Io abito in periferia e in una vecchia casa.

 Per essere enormemente magnifica.. Mattia dice che bisogna indossare solo i vestiti più carini e le scarpe più alla moda. Io non li indosso.

Per essere enormemente magnifica.. Samantha dice che bisogna provenire da una famiglia perfetta. Non è il mio caso.

Ma ogni sera, quand’è ora di dormire, papà mi abbraccia forte e dice: «tu sei enormemente magnifica e io ti voglio bene!». Papà deve sapere qualcosa che i miei amici non sanno…

Vi benedico

don Fiorino


[1] S.Kierkeggard, È meraviglioso essere uomini, Torino, Gribauidi, 1990,28-31.

Fiorino Imperio

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