L'alfabeto della vita, G come gioire

TORTORA – Carissimi lettori, pace e bene.


Il tema che ci apprestiamo ad affrontare è davvero molto impegnativo: assumere la gioia come atteggiamento e sentimento di fondo del nostro vivere quotidiano, infatti, non è un’ impresa facile, e non lo è per due motivi.

Il primo è che, tante volte, si confonde la gioia con l’allegria. Con la differenza che quest’ultima dura pochi istanti e quando passa ci si convince che la vita è brutta e non degna di essere vissuta.

Il secondo motivo è quello secondo cui convivendo nel nostro cuore, accanto alla gioia, sentimenti quali la tristezza, la rabbia, la paura, ecc. non si può ammettere che la vita sia vivibile nella gioia, proprio perché tali sentimenti si escludono a vicenda. Se queste ragioni sono valide, allora non ha senso la nostra discussione.

Però come al solito, mi piace andare in profondità alle cose.

Quando si parla della gioia dobbiamo far subito riferimento al senso della nostra vita, all’orientamento che ad essa vogliamo dare e al parametro di giudizio su cui si fonda la sua bontà. Come ho avuto modo di dire in passato, mi piace considerare la vita in questi termini: vivere è far vivere gli altri. Questo è il punto di partenza. Spendersi per arricchire chi ci sta intorno. Poche parole, ma che racchiudono il vero significato della gioia. In quest’otica si riesce a sbrogliare il filo della matassa, perché il donarsi per gli altri non nasce perché mossi dall’adrenalina ma dal rendersi conto chi ci sta accanto, l’altro, resta sempre un valore in sé, a prescindere dal nostro stato d’animo.

In questi termini si nota, appunto come l’arte della gioia è praticabile a 360°. Il mondo non è definito in tutte le sue potenzialità, è sempre in crescita e questo sviluppo non si arresterà mai. Mettersi in questo flusso per collaborare all’edificazione del mondo, mediante il dono di sé, fa sperimentare la gioia.

Il contrario di questo sentimento è l’invidia. È uno strano sentimento questo perché a differenza degli altri non procura alcun vantaggio a chi lo coltiva, eppure per esso si è disposti a sacrificare ogni cosa. Dall’invidia difficilmente ci si libera, perché nasce dall’interno, e parte dall’incapacità di riconoscere la propria e l’altrui bellezza. Chi vive in questo stato difficilmente potrà gioire, perché appunto non vorrà mai il bene dell’altro ma la sua distruzione. Chi gioisce dal profondo del cuore è ben lontano da tali atteggiamenti e sa che donandosi si ritrova. Dobbiamo tutti ritornare a questo stile di vita.

Nel vocabolario della nostra interiorità, urge mettere al centro la gioia come cuore dell’agire umano. Chi si comporta così rimane per sempre, è felice per sempre, vive per sempre. Il bene è per sua natura diffusivo e chi ha un cuore gioioso sarà felice nel vedere la prosperità altrui e non la propria. Per meglio capire il senso di queste parole, vi riporto il racconto di uno scrittore che ha voluto raffigurare il paradiso e l’inferno attraverso un’immagine molto suggestiva.

Il racconto ci dice che all’inferno si trova una tavola imbandita con le migliori pietanze del mondo, ma attorno ad essa vi sono persone gracili e che hanno a disposizione una forchetta talmente tanto lunga che non riescono a portare il cibo in bocca, e così pur avendo tutto non sono mai sazi. Stessa scena in paradiso, con tavola imbandita con tutto il ben di Dio. Attorno ad essa però non ci sono persone gracili ma paffutelle che hanno forchette delle medesima lunghezza di quelle che si trovano all’inferno ma con una grande differenza. Mentre all’inferno ogni persona ciba se stessa, e quindi non riesce a portare il cibo alla bocca, in paradiso con le stesse forchette si imbocca la persona che sta accanto e, dunque, la lunghezza delle forchette non è un problema perché ognuno prende il cibo per gli altri e non per sé. Davvero una bella storia per riflettere, ricca di significato.

Come ho cercato di spiegare ci fa davvero capire cosa significa gioire e quanto sia vitale per noi, oggi, imparare a vivere questa dimensione della gioia.

Vostro

Don Fiorino.

Fiorino Imperio

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