C'è grossa crisi… italiano!

                        <<Volevo dire al mondo e a tutti gli amici di intennett che in questo momento c’è una grande crisi, c’è grossa grisi, c’è molta violenza, c’è molto egoismo… qua la gente non sa più… quando stiamo andando su questa tera, qua la gente non sa più… quando stiamo facento su questa tera!>> [Quelo, Corrado Guzzanti]


TORTORA – Le crisi mettono in risalto il negativo che è in noi. Un tempo le citazioni di Guzzanti mi facevano sorridere. Oggi, sostengo mie amare riflessioni.

L’attuale momento storico è segnato da una profonda crisi economica, sociale, etica. Inutile, in questa sede, elucubrare su quale dei settori della vita umana di cui sopra, entrando in crisi, abbia innescato l’effetto domino sugli altri.

La realtà che mi piacerebbe dibattere con voi non ha nulla di scientifico, ideologico o teorico. È una realtà amara che, osservata e vissuta, instilla le altrettanto amare riflessioni da cui siamo partiti.

Professionisti dell’economia e persone comuni, in estate, mi riferivano di una raffica di chiusure e fallimenti di attività economiche all’orizzonte del nostro vivere quotidiano. Con l’autunno, i presagi hanno trovato conferma. Non sono in possesso di cifre certe, ma pare proprio che le cose stiano così. Le fonti di reddito scompaiono, i posti di lavoro scompaiono e, con essi, le certezze della gente.

A questo aggiungiamo i posti di lavoro che si sono persi negli anni addietro con la chiusura delle fabbriche.

A questo aggiungiamo ancora l’economia che ci è stata strappata dirottando personale geograficamente altrove con riconversioni di ospedali e chiusura di uffici giudiziari. Tutti, tra l’altro, senza o con scarsa opposizione del territorio.

Il quadro mi sembra sufficientemente nero per metterci in condizione di non occuparci d’altro. Eppure non è così, dal momento che molte facezie, ancora, stazionano stabilmente nella top ten dei nostri pensieri.

Nei giorni più pessimisti, ho come l’impressione che a questo fenomeno non sia data la giusta importanza. Forse perché negli ultimi due anni il mio giudizio sulla Nazione (intesa: gli italiani) è nettamente peggiorato. Ho come l’impressione, infatti, che siamo paradossali.

Perché siamo quelli che non potranno mai andare in pensione, acquistare una casa fosse anche con un mutuo trentennale, che non potranno mandare i figli all’università. Quelli che l’ultima settimana del mese sono diventate due, quelli che le tasse hanno quasi smesso di evaderle e hanno iniziato a non poterle pagare.

E, contemporaneamente, siamo quelli in fila al negozio per approfittare della ‘imperdibile’ occasione di acquistare un I-phone a piccole rate e avere tanti minuti e messaggini gratis. Piccola parentesi: oggigiorno la parola ‘gratis’ mi fa sorridere.

Qualcun altro mi racconta anche che la situazione attuale di povertà era tale anche due anni fa. Solo coperta dal velo di vergogna sociale che si prova quando si è costretti a modificare al ribasso il proprio status sociale. In alcuni, la reazione si manifesta con una corsa compulsiva all’acquisto di status symbols ormai fuori dalla propria portata.

Questi ed altri elementi, mi convincono della nostra inadeguatezza ad un periodo di crisi.

Ma, proprio sulla crisi, ho maturato una convinzione terribile: se crisi è, si tratta di crisi culturale.

Qualche giorno fa ho scritto che l’italiano è colui che, mentre riflette sul ‘caso Fiorito’, in 7 casi su 10, pensa o non si vergogna minimamente a dire ad alta voce: “Ha fatto bene, al posto suo lo facevo anche io”. Questo siamo diventati. Il balzo da Leonardo Da Vinci all’uomo contemporaneo è l’abisso in cui sprofonda la Nazione.

La crisi è ovunque, ma ci sono nazioni che reagiscono differentemente. Non mi va di elencarvi esempi che di certo non vederete attraverso il Tg1. Noi siamo addormentati, rassegnati a questo stato di cose.

Una condizione che potrei anche tollerare se fosse fine a se stessa. Accetterei se gli italiani fossero semplicemente quei pantofolai domenicali anestetizzati da campionati di calcio, festival canori distanti anni luce dalla Musica, (non-) reality televisivi e interessati al teatrino mediatico che in Italia viene considerata politica con fare distaccato, quasi snob.

Ma ho almeno due motivi per non accettarlo, per non mandarlo giù.

Innanzitutto per via dell’effetto che questa crisi sta avendo su di noi. Siamo diventati più cattivi. Coltiviamo sentimenti negativi come l’invidia e il disprezzo. Abbiamo abiurato alla solidarietà. Coltiviamo sempre più i nostri sterili orticelli. Siamo diventati delle brutte persone.

Ho un altro motivo per non accettare. Gli esempi eccelsi che ho dal passato di questa Nazione. Quasi tutti, nati prima del nuovo millennio. Ad ognuno le sue motivazioni, sperando di sconfessare quest’altra citazione in chiusura.

“La risposta è dentro di te. Però è sbagliata”! [Quelo, Corrado Guzzanti]

Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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