Marlane, quei fanghi industriali scomparsi

PRAIA A MARE – 2mila tonnellate di fanghi industriali scomparse nel nulla. Per l’ambiente e la salute umana, un altro pesante lascito della Marlane di Praia a Mare.


È quanto emerso dalle indagini di polizia giudiziaria disposte dalla Procura della Repubblica di Paola, e svolte dal Nucleo ambientale negli anni successivi alla chiusura della fabbrica tessile Marzotto.

È quanto testimoniato in aula da Emilio Osso, funzionario di polizia giudiziaria della procura paolana che, tra il 2006 e il 2007, fa parte del pool di tecnici e investigatori impegnati a scavare nell’ex area industriale a caccia di veleni interrati.

Quando non è ‘sul campo’ con il personale Arpacal e Asp, è seduto dietro alla sua scrivania nell’ala Nord del tribunale a sfogliare parte delle carte relative alle indagini sulla fabbrica di Praia a Mare.

Tra queste, il registro di carico e scarico ed il formulario di identificazione dei rifiuti prodotti nei processi lavorativi della Marlane: per lo più fanghi industriali. Roba non semplice da smaltire.

Nella documentazione, spuntano due buchi, al momento, senza spiegazione. Il primo, è compreso nell’intervallo di tempo tra il 17 gennaio del 1993 e il 28 maggio del 1995. Circa due anni mezzo, dunque, in un periodo in cui la stima sulla produzione di questi rifiuti è intorno alle 750 tonnellate annue.

Il secondo buco nella documentazione, è riferito al periodo del declino della Marlane. Il periodo in questione va dal 23 maggio 2003 alla storica data della chiusura dell’impianto praiese: 4 aprile del 2004. Circa un anno, per una stima di 100 tonnellate di fanghi industriali con destinazione ignota. Pochi, ma non trascurabili secondo il nucleo ambientalista.

La domanda che si pongono gli investigatori è banale: che fine hanno fatto questi rifiuti speciali?

E qui bisogna distinguere tra quel che la Procura sa e quello su cui si continua ad investigare. Si sa, dalla documentazione agli atti, che dall’apertura e fino al ’93, i fanghi prodotti dalla Marlane vanno in Campania per essere smaltiti. Si sa anche che proprio nel ’93 la Campania pone un freno allo smaltimento sul suo territorio di rifiuti industriali provenienti da fuori regione.

Così come è noto che, dal ’95 in poi, la Marlane porta i suoi fanghi a Costapisola, frazione del Comune di Santa Domenica Talao. Qui sorge un impianto di bioconversione. O meglio, sorgerebbe, come rivela nel 1998 anche la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.

In un resoconto stenografico della ‘Missione in Calabria’ si legge: “A Costapisola non esiste un impianto, ma solo un terreno dove i rifiuti vengono depositati”.

Sul secondo buco si sa che si è celebrato anche una processo per illecito smaltimento di rifiuti, in cui gli imputati hanno patteggiato i reati contestati.

Da qui in poi, si entra nel campo delle ipotesi circa la destinazione finale di questi rifiuti pericolosi per la salute umana e per l’ambiente. Le risposte potrebbero venire fuori dal prosieguo delle indagini, forse dagli interrogatori del processo Marlane in corso di svolgimento presso il tribunale di Paola, oppure, come spesso accade in casi come questo, potrebbero non giungere mai.

Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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