L’Alfabeto della vita, P come pensare

TORTORA – Carissimi ri-eccomi a voi, con nuovo slancio e nuovi input.


Vi chiedo scusa se arrivo con un po’ di ritardo, un po’ per via del fatto che il sito ha condiviso la gioia del suo direttore, che dà un po’ ha messo su famiglia e un po’, sempre sull’esempio del direttore, a cui faccio i miei più cari auguri per il suo matrimonio, nella vita ci sono alcune priorità. Mi riferisco alla discussione della mia tesi di specializzazione in Teologia Spirituale lo scorso 24 Giugno 2013. Grazie a Dio un piccolo premio venuto fuori dopo tanti piccoli sacrifici. Ma come ben sapete ogni meta è un nuovo inizio, quindi ritorno a voi con una nuova carica.

La rubrica, in questo numero, ci fa riflettere su un’attitudine antica e sempre nuova, propria della razza umana: il pensare. È noto ormai lo slogan, nato all’indomani della violenta ondata illuministica, che fotografa la cultura occidentale detta appunto del pensiero debole.

Si tratta, lo dico con grande modestia lasciando il compito di affermare con precisione il cuore di questa tendenza culturale odierna ai filosofi che ne sanno più di me, di una presa di coscienza secondo la quale, oggi più che mai la scienza, l’etica contrattualistica, il libertinaggio, non danno risposta alla sete di conoscenza che alberga nel cuore umano, e tutti i massimi esponenti di questi filoni culturali da detentori della verità e quindi da maestri indiscussi, sono risultati venditori di fumo, incapaci di salvare le sorti dell’umanità, aprendo le porte al tanto pericoloso, per dirlo con le parole di Galimberti “ospite inquietante”, che è appunto il relativismo. Stile di pensiero che abbraccia tutte le espressioni dell’umano e che toglie il gusto del vivere, dando spazio solo al nulla.

A nostro modesto avviso, occorre imboccare una nuova strada, occorre, ri-pensare la vita mettendosi nel solco della storia umana con umiltà e profondo desiderio di verità. La vita umana come ho avuto modo di dire in altre riflessioni proposte, è in crescita; non ci si può mai dire arrivati. C’è uno scarto enorme, tra quello che siamo e quello che potremmo essere, tra quello che conosciamo e quello che potremmo conoscere e di questo passo si potrebbe continuare all’infinito.

Ora, proprio perché il meglio ancora non l’abbiamo indagato totalmente e il mondo non l’abbiamo conosciuto ed esplorato che in minima parte, occorre rinnovare il desiderio di pensare. Lo impone la realtà che sempre stimola domande; lo impone la nostra natura di esseri pensanti; lo impone il dolore, la fatica, la gioia parziale che viviamo, il limite nel quale ci troviamo a muovere. Occorre una nuova generazione di pensatori e il mondo giovanile ha a riguardo una grandissima responsabilità.

In questo cammino di ricerca, il pensare deve assumere l’onore e l’onere di lasciarsi coinvolgere dal mistero. Una parola che nel gergo comune assume la caratteristica dell’oscurità, dell’insondabile. Ma è proprio così? Guardiamo all’etimologia del termine.

<<Mistero è un termine che ha radici lontane: deriva dal greco myo che significa “chiudere, serrare”. Molto probabilmente l’oggetto sottinteso di tale azione sono gli occhi e le labbra: chiudere gli occhi, serrare le labbra. Esattamente come accade ai miopi, quando senza occhiali vogliono vedere qualcosa da lontano e, dovendo focalizzare bene l’oggetto; chiudono leggermente le palpebre (qualcuno dice che non solo i miopi, ma anche i topi-che in latino sono detti mus – siano parenti poveri della parola mistero). Oppure pensiamo a quel gesto così spontaneo di portare una mano davanti alla bocca per esprimere le nostre emozioni di meraviglia e di stupore allorché ci venga comunicata una gradita e inattesa notizia. Questa è la strada da percorrere per decifrare il senso autentico del termine “mistero”. Da quanto detto deriva, perciò che la parola “mistero” non serve a segnalare qualcosa che sfugga alla nostra intelligenza. Né mistero significa segreto. Piuttosto mistero è ciò la cui vastità e inesauribilità richiede sempre nuovi sforzi di comprensione e di attenzione. È ciò la cui ampiezza e profondità, bellezza e maestosità, impone percorsi di conoscenza più lunghi»1.

Questo è il percorso che si apre dinanzi a noi; nessuno si può tirare indietro. A meno che qualcuno non voglia abbracciare l’effimera prospettiva del carpe diem, cogli l’attimo, logica che lascia il tempo che trova, e che sicuramente non dà ragione della preziosità dell’arte del pensare tipicamente umana.

Vi auguro allora un buon viaggio alla scoperta del mistero che abita fuori e dentro di noi.

Con l’affetto di sempre

Vostro don Fiorino Imperio

P.s. Un augurio particolare a te Andrea e a tua moglie, che il Signore benedica la tua nuova condizione.

1 A. Matteo, Onora la tua intelligenza, Lettera a un giovane studente, EDB, (BO) 2008, p. 39-40.

 

Fiorino Imperio

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