A curare gli interessi della cosca Stummo-Valente, come risulta dalle indagini della Dda, Agostino Iacovo, classe 78, di Cetraro, e l’avvocato Mario Nocito, con il suo ruolo di collante tra la ‘ndrangheta e l’amministrazione comunale di Scalea.
Entrambi offrivano al sindaco Pasquale Basile e all’assessore al Commercio Franco Galiano, un importo di 150mila euro perché concedessero in via esclusiva a Iacovo l’utilizzo degli spazi di pubblicità comunale.
Fatti aggravati, secondo gli inquirenti, dalla finalità di agevolare la cosca cui dovevano confluire in parte gli importi della corruzione.
Iacovo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, partecipava infatti per conto del clan a gare pubbliche e gestiva una serie di grandi pannelli pubblicitari, allestiti abusivamente.
Già noto alle forze dell’ordine, coinvolto nell’operazione Cartesio, Iacovo risulta essere amministratore di fatto di una società formalmente intestata ad un’altra persona, mediante la quale installava impianti pubblicitari a Scalea, dove ha cercato di ottenere il monopolio del settore pubblicitario.
In un primo momento infatti, Iacovo si rivolgeva a Nocito per corrompere il sindaco e l’assessore Galiano e ottenere l’esclusiva della gestione degli spazi pubblicitari.
La proposta di Iacovo però, con l’offerta di 150mila euro, non convinceva l’assessore Galiano che voleva indire una gara pilotata in favore di un’impresa riconducibile a lui stesso, al sindaco Basile e all’avvocato Nocito.
Con la carcerazione di Piero Valente però, così come accaduto per altri appalti, l’attività amministrativa del comune di Scalea si paralizzava e non veniva predisposto il bando per gli spazi pubblicitari.
Contemporaneamente, gli uomini della fazione Stummo, approfittando dell’assenza di Valente, con la collusione del sindaco e dei vigili urbani, piazzavano a Scalea una serie di tabelloni pubblicitari del tutto abusivi. A coinvolgerli nell’affare lo stesso Iacovo che, in questo modo, aggirava l’ostacolo dopo che sindaco e assessore avevano rifiutato la sua proposta e destinava parte dei proventi alla famiglia Stummo.
Inoltre, dalle indagini emerge che nonostante il comandante della polizia municipale all’epoca dei fatti, Giovanni Oliva, avesse accertato la realizzazione abusiva degli impianti in cemento per i cartelloni, non dava seguito ad alcuna segnalazione e spiegava al sindaco Basile che si stavano realizzando le strutture senza che fosse stato definito l’appalto, e sottolineava che dietro c’erano altri soggetti a lui noti.
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