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Storie, il piroscafo Oria ed il sorriso di Nicola

DI GAETANO LAINO*


TORTORA – Il prossimo 12 febbraio sarà il settantesimo anniversario del più grande naufragio del mediterraneo, nonché una delle più grandi tragedie del secondo conflitto mondiale: l’affondamento del piroscafo Oria, nell’Egeo, nel quale persero la vita oltre 4mila 200 soldati italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla Repubblica Sociale Italiana dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.

Il piroscafo Oria era una nave di oltre 2mila tonnellate varata nel 1920 e requisita dai tedeschi. Salpò l’11 febbraio 1944 da Rodi alle 17 e 40 per il Pireo. A bordo, oltre ai prigionieri, vi erano 90 tedeschi di guardia e l’equipaggio di origine norvegese. All’indomani l’Oria fu colto da una terribile tempesta nei pressi di Patroklos, a 25 miglia dalla destinazione finale, rimanendo incagliato nei fondali e affondando rovinosamente.

I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell’equipaggio, incluso il comandante Bearne Rasmussen e il primo ufficiale di macchina.

L’Oria era stipata all’inverosimile, aveva anche un carico di bidoni di olio minerale e gomme da camion oltre ai nostri soldati che dovevano essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich. Su quella carretta del mare, che all’inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della Convenzione di Ginevra e dell’assistenza della Croce Rossa. Allo stesso tempo poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni anche in patria.

Nel 1955 il relitto fu smembrato dai palombari greci per recuperare il ferro, mentre i cadaveri di circa 250 naufraghi, trascinati sulla coste greche e sepolti in fosse comuni, furono traslati in seguito nei piccoli cimiteri dei paesi della costa pugliese e, successivamente, nel Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari.

I resti di tutti gli altri sono ancora là sotto. La tragedia si consumò in pochi minuti ed è stata ignorata per decenni, solo da pochi anni, grazie alla buona volontà di alcuni familiari dei dispersi, la storia sta vedendo la luce.

A bordo del piroscafo Oria, vi erano molti soldati prigionieri del 331° Reggimento di Fanteria della Divisione Brennero. Questo eroico reggimento posto al presidio del settore strategico “Calithea”, nell’Egeo, al comando del capitano Venturini, fu il primo ad opporsi, all’indomani della firma dell’armistizio di Cassibile, alle truppe tedesche della “Sturmdivision Rhodos” inaugurando così l’epopea denominata Resistenza.

Purtroppo dopo tre giorni di combattimenti, i nostri soldati furono costretti alla resa. “In tale scontro possiamo distintamente osservare e apprezzare il valore, la purezza e la dedizione di questo piccolo reparto, e del suo indomito comandante e per converso le indecisioni, i ritardi e gli equivoci dei comandanti superiori”. Così scrisse anni dopo il generale Gaetano Messina diretto testimone di quei giorni. (fonte: www.piroscafooria.it – www.dodecaneso.org)

Tra quei soldati del valoroso 331° reggimento, vi era un ragazzo tortorese, poco più che ventenne, si chiamava Nicola Mariano, mio prozio, della cui storia sono venuto a conoscenza per caso qualche anno fa quando, facendo ordine in vecchie scartoffie appartenute a mio nonno, trovai una sua foto-cartolina, che egli stesso nel 1943 aveva inviato ai suoi genitori unitamente ad alcuni suoi effetti personali.

Fu proprio quella foto a far scaturire in me la curiosità di indagare su questa triste ed eroica storia, e di portala oggi, a distanza di settant’anni, alla conoscenza di tutti voi, perché un soldato può essere disperso ma mai dimenticato.

In questa foto si vedono i suoi occhi, velati forse dalla tristezza e dalla malinconia, di chi con orgoglio vesta la divisa del suo Paese, ma al tempo stesso rimpiange la sua origine e i suoi familiari lontani. Il sorriso. Il sorriso di chi spera di tornare e di svegliarsi presto da quel triste sogno.

Nicola come tanti ragazzi non c’è l’ha fatta a riabbracciare i propri cari, i propri amici. È rimasto lì in quel mondo così lontano e diverso dalla terra che l’aveva generato. Nicola eroe per caso di una guerra insensata, come tutte le guerre, vittima di una follia inspiegabile di cui ancora oggi qualcuno nega le barbarie. Eroe lontano dal clamore, esempio concreto dei valori di appartenenza, militare esemplare che anziché piegarsi al volere nazista, compie il suo dovere senza mai tradire la Patria al quale aveva giurato fedeltà.

In questo odierno mondo frivolo è importante onorare la memoria di Nicola, lui che nonostante le mille difficoltà della guerra, ai genitori scriveva di passarsela bene, forse perché immaginava la loro pena. Invocava la benedizione materna, indifeso e lontano, sapeva che il cuore della mamma è quel rifugio protettivo che mai ci abbandona.

Chissà se ha avuto paura in quegli ultimi istanti, se ha gridato viva l’Italia come i suoi colleghi della divisione Aqui, se ha aiutato qualcuno a salvarsi o se ha pensato per l’ultima volta alla sua Tortora, magari rimembrando qualche fidanzata o le scorribande da ragazzi per le campagne di Poiarelli. Quante domande vorremmo porgli se fosse qui con noi, ma di lui non ci rimane che il ricordo di Luigi, suo ultimo fratello vivente, il nome scritto a pagina 39 del libro dei prigionieri imbarcati sul piroscafo Oria, lo sguardo fiero e coraggioso, quel sorriso accennato e quelle poche righe con il quale si conceda, anzitempo, dal mondo:

“Carissimo Padre ho spedito la valigia. Saluta i miei fratelli sposati e il mio fratello minore, saluta anche le mie cognate ed i nipoti. Carissimo Padre fino a questo momento me la passo bene, vi chiedo le santi benedizioni Madre mia.”

Mariano Nicola – 1943

* tortorese, parente di Nicola Mariano.

Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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