Il grido di allarme lanciato pochi giorni fa è rimasto inascoltato. Non ci sono anestesisti in grado di garantire il funzionamento delle sale operatorie. La situazione rimasta immutata rischia di aggravarsi con il passare del tempo. Le operazioni adesso vengono rimandate con più frequenza. E diversi pazienti sono costretti a migrare dall’ospedale di Paola a quello di Cosenza.
L’altro ieri sono stati ben sei gli ammalati che sono dovuti salire su un’ambulanza del 118 per essere accompagnati nel centro bruzio. Tutte le operazioni di ortopedia del lunedì sono state infatti annullate per l’assenza di anestesisti. Era accaduto anche qualche settimana fa, ma in quel caso coloro i quali dovevano essere sottoposti a intervento (sei persone) hanno preferito attendere un altro giorno utile. Un’attesa che per qualcuno è stata anche vana considerata la nuova emergenza di due giorni fa.
È il fattore sociale e umano quello che preoccupa maggiormente. Malati trattati come pacchi postali costretti a fare le valige per trasferirsi al seguito dei familiari da un nosocomio all’altro senza alcun rispetto. La politica ha poco da gioire per aver salvato il San Francesco. È necessario invece alzare la voce perché il grido di quei pochi operatori sanitari che “resistono” non passi nell’indifferenza.
Eppure i dati sono più che positivi. Si pensi al reparto di Ortopedia, vera e propria eccellenza sul territorio, diretto dal primario Massimo Candela, che garantisce mille operazioni all’anno e serve un bacino di 33 comuni. L’intero Tirreno cosentino (e non solo) confluisce a Paola.
L’emergenza ha anche un costo. Si pensi a quello dei trasferimenti da un presidio ospedaliero all’altro. E costituisce una spesa per il sistema anche il fatto che i pazienti permangono più del previsto nel nosocomio. La loro permanenza poi, inevitabilmente, leva spazio ad altri in attesa di un posto letto. Posti letto che sono rimasti immutati nonostante le promesse perché l’ambulatorio (ex Saub) occupa ancora quasi un intero piano.
La crisi del reparto di rianimazione e anestesia del San Francesco si manifesta in tutta la sua gravità: troppo pochi quattro medici. È sufficiente che un anestesista sia in ferie o ammalato perché il sistema vada in tilt. Il servizio va garantito infatti 24 ore su 24. Due turni al giorno e una reperibilità con presenza notturna.
È tempo che ognuno si assuma le proprie responsabilità perché i medici non possono continuare a garantire nell’emergenza nemmeno le prestazioni ordinarie.
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