Mi raggiunge don Franco Liporace, il parroco, dopo essersi liberato per un attimo dalle faccende necessarie a riavviare le attività della parrocchia. Fuori alcuni fedeli puliscono, lavano, dispongono sedie di plastica bianca in una parte ombreggiata del cortile. La comunità, è da qui che riparte.
“Ripartiamo dalla strada, come San Francesco”. Don Franco lo dice sorridendo. La serenità dell’uomo di fede è sincera, genuina, contagiosa.
“Ieri sera – racconta il prete – sentivo forte dentro di me le parole di Gesù a San Francesco. Francesco vai e ripara la mia casa”.
Parole che sono quelle di tutta la parrocchia Santa Maria della Grotta. Parole, ancora, per ripercorrere quanto è successo e le sensazioni provate.
“È un momento difficile – dice don Franco –. Lo è stato soprattutto ieri. Per la scena che si è presentata ai miei occhi. Il panico generato dalle fiamme. Però le sensazioni sono soprattutto di serenità, di speranza, di voglia di ripartire. E di motivare sempre più la comunità che sento molto vicina e che in tanti modi esprime il desiderio di stringersi attorno al parroco, e di offrire la propria disponibilità e il proprio servizio”.
Solo qualche istante prima, un signore affranto si era sincerato che il prete avesse compreso bene che “in qualsiasi momento” poteva contare su di lui e sui suoi muratori per ricostruire.
Dall’esterno, mentre intervisto don Franco, le mani operano, gli stracci strofinano suppellettili salvati dalle fiamme, l’acqua e le scope scacciano la fuliggine.
“Dispiace – prosegue il parroco – per i danni e soprattutto per la destabilizzazione e la tensione che si crea e che tocca il cuore e la sensibilità di tutti i nostri fedeli. C’è rammarico per quello che è andato perso ma – ecco la speranza riaffiorare dalle labbra dell’uomo di chiesa – io dico: possono andare in fumo le mura, i paramenti, i tappeti, gli impianti. Sono cose che si riacquistano. C’è una comunità che è viva. Questo non brucia. Non viene meno. La fede di una comunità si rafforza in questi momenti, che vanno vissuti come occasione di crescita”.
I danni “morali” da curare con la preghiera. Quelli “materiali” con la mano dell’uomo. C’è una conta di essi da fare ma, soprattutto, c’è da chiarire le cause del rogo. E qui, don Franco ci tiene a rassicurare: non è stato un incendio doloso.
“È in corso un’indagine – dice il prete – e ad oggi l’unica cosa che posso dire con certezza è che l’incendio è dovuto a cause di natura elettrica. Bisognerà capire da dove è partito”.
E allora riaffiorano i ricordi di quei momenti. L’allarme lanciato da alcuni operai, la corsa verso il fumo, la scoperta delle fiamme e dell’impossibilità di intervenire, la chiamata ai vigili del fuoco, le brecce aperte ai lati del “Santissimo” prelevato tra il fumo e portato in salvo.
“Grazie a Dio – e lo dice di nuovo con quel sorriso sereno – la Chiesa è salva, l’organo non è stato intaccato dalle fiamme, con esso i banchi e tutto quello che riguarda l’aula liturgica. Le pareti saranno anche un po’ annerite dal fumo però credo che non ci siano problemi statici. La diocesi nominerà un perito che dovrà capire com’è accaduto. Pian piano si ricostruirà e si ripartirà”.
La comunità non si ferma. Tutte le attività della parrocchia andranno avanti, sfruttando altri spazi. Ma senza allontanarsi troppo dalla chiesa.
“Celebreremo all’aperto – dice ancora don Franco – già a partire da stasera. C’è lo spirito di ripartire e di stare insieme trovando la forza nella preghiera. La Chiesa è di noi tutti e tutti partecipano per renderla accogliente. Ovunque essa sia”.
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