La conferma dalle parole di un imprenditore di Praia a Mare, Albino Di Marco, che gestisce un hotel in località Foresta. Una voce che, però, può essere la voce di tanti altri colleghi che operano nello stesso ambito.
Un operatore che ha speso anni, soldi e sacrifici per tirare su la struttura che gestisce con i figli, dopo peripezie burocratiche lunghe qualcosa più di un decennio e che, ora, cerca quanto meno di sfogarsi sulle condizioni in cui è costretto ad operare.
A cominciare dal carico fiscale che obera le attività come la sua. Troppe tasse da Roma, alle quali si devono sommare i balzelli locali.
“Addirittura – spiega Albino Di Marco – qui hanno istituito una tassa di soggiorno di ben tre euro a persona. Per me, una cosa che non sta in piedi in quanto è un deterrente per il turista che vuole venire a Praia a Mare. A queste condizioni – aggiunge – non trova convenienza e se ne va altrove. Già sono poche le persone che possono permettersi una vacanza. Se tassiamo anche la vacanza, il cliente o se ne sta a casa o si dirige altrove. Magari all’estero dove spende anche meno”.
Una situazione peggiorata anche dalle condizioni in cui, ormai, si opera.
“Sull’Alto Tirreno cosentino – conferma l’albergatore originario di Aieta – si lavora per 30, massimo 50 giorni. Ma la struttura la devi tenere in piedi per tutto l’anno con ristrutturazioni cicliche e manutenzione costante. A questo punto è facile intuire che per chi opera in questa situazione tutte queste pesantissime tasse pesano per dieci volte tanto rispetto a chi invece può contare su periodi di attività anche di dieci mesi”.
Questi dunque i problemi principali del settore e queste invece le proposte per superare questo stato di cose. A partire dalla dotazione strutturale del territorio.
“Manca un aeroporto, un porto – dice Di Marco – e le altre vie di comunicazione lasciano a desiderare. Chi vuole venire qui in vacanza deve usare l’auto con tempi e costi che ci rendono anacronistici rispetto altre località della Calabria stessa. Ogni anno – aggiunge – vediamo purtroppo decrescere i flussi. Non c’è assolutamente speranza che questo trend si arresti. Oltre alle infrastrutture manca anche una politica seria di cura e valorizzazione del territorio. Se si va avanti così non abbiamo speranza”.
Fin qui sembrerebbe che le responsabilità per questo stato di crisi siano solo a carico degli organi di governo, mentre è giusto sottolineare che anche all’interno degli operatori stessi permangono problemi importanti.
“La mancanza di coesione – risponde l’imprenditore –. Questo è un nervo scoperto della nostra categoria. Purtroppo tra di noi non c’è unione. Bisogna ammetterlo. Ognuno pensa al suo orticello ed, egoisticamente, di andare avanti da solo. Questo modo di pensare ci indebolisce”.
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