È quello che è stato registrato sul caso Marlane a Vicenza e provincia, storicamente roccaforte del Gruppo Marzotto, proprietario dell’ex fabbrica tessile di Praia a Mare.
Ne abbiamo parlato con Giovanni Coviello, direttore di Vincenza Più media locale che ha seguito passo dopo passo lo svolgersi del processo.
Recentemente, nel corso del processo Marlane i PM hanno avanzato richieste di condanne complessivamente a 62 anni di carcere per gli imputati tra cui figurano nomi di spicco del mondo imprenditoriale vicentino. Come è stata avvertita questa notizia nel vostro territorio?
Giovanni Coviello: “Ovviamente, il nome con più richiamo mediatico in zona è quello di Pietro Marzotto (per lui i PM hanno chiesto 6 anni di carcere, ndr) anche se da molti anni è fuori dalla gestione ordinaria del gruppo. Tuttavia Marzotto è un nome ancora molto ‘pesante’ in zona. Non a caso Matteo Marzotto, recentemente, ha assunto due importanti cariche nonostante il suo coinvolgimento in alcune inchieste per questioni fiscali. È presidente della scuola di management Fondazione Cuoa, ente privato che si occupa di master nel campo della gestione aziendale, ed è stato nominato anche presidente di Fiera di Vicenza Spa che vuol dire appalti e visibilità nel mondo. Per cui la richiesta di condanna per un Marzotto ha avuto una sua importanza sul territorio”.
Ma non quella che vi aspettavate?
Giovanni Coviello: “Mah, guardi. Noi di Vicenza Più ce ne siamo occupati sin da subito anche grazie all’impegno di Giorgio Langella. Quando ho cominciato a seguire questa vicenda mi ha meravigliato il silenzio che la circondava. Un silenzio della stampa che, purtroppo, mi aspettavo. Magari non mi aspettavo il silenzio da parte dei sindacati locali, in particolare da parte della Cgil che invece, per quel che mi è dato sapere, a Cosenza è stata molto attiva su questo fronte. Racconto un aneddoto. Tempo fa mi è capitato di moderare uno dei primi incontri in provincia di Vicenza per portare all’attenzione la questione degli oltre cento morti della Marlane Marzotto. In quella occasione ho avuto modo di confrontarmi con un delegato Cgil sulla questione. Quel che mi ha detto è stato illuminante. Mi disse che bisognava parlarne del caso, ma non troppo. In sostanza temeva i rischi che poteva correre il sindacato, le conseguenze per l’occupazione da una eventuale reazione di Marzotto che, all’epoca, dava ancora molto lavoro. Cose che si verificano a Vicenza come nel resto d’Italia: è il dramma dei lacci tra sindacato e le sfere del potere”.
Il Processo, ora volge al termine, almeno per quel che riguarda il primo grado. Che conclusione vi aspettate?
“Quanto al processo è chiaro che l’interesse è dettato dai nomi eccellenti dell’industrialismo vicentino, e non solo, tra gli imputati. Aspettiamo che ci sia un pronunciamento perché è giusto che sia così. Quel che rimane però è la scarsa attenzione generale verso le tante persone morte e che si sono ammalate lavorando in fabbrica”.
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