Il Salvadanaio, dove lo metto il Tfr?

TORTORA – L’operazione Tfr è una delle principali novità della nuova manovra varata dal Governo Renzi.


A partire dal nuovo anno, se un lavoratore lo richiederà, i soldi destinati ad essere accantonati per la liquidazione potranno finire nella busta paga mensile. Ma la tassazione non sarà più quella privilegiata (25percento) e separata, ma una volta che questi importi transiteranno in busta paga verranno sottoposti all’aliquota ordinaria.

La possibilità di farsi accreditare in busta paga il Trattamento di fine rapporto (Tfr) rischia di rivelarsi però un boomerang per i contribuenti.

Al momento si parla di indiscrezioni, visto che il testo della legge di stabilità disponibile è ancora catalogato come “bozza”. Ma se si confermasse, esso prevede che l’anticipo del reddito sia trattato come componente aggiuntiva dello stipendio e che sia “assoggettato a tassazione ordinaria e non imponibile ai fini previdenziali”. Quindi sì nel conto Irpef, no in quello dei contributi.

Il problema appena evidenziato, inoltre, si somma a un rischio ulteriore: più Tfr in busta paga potrebbe tradursi in meno agevolazioni per asili nido, mense scolastiche, tasse universitarie, in quanto il reddito annuale della famiglia aumenterebbe, rischiando di far superare le soglie di accesso a queste e altre agevolazioni.

La previsione interesserà solo i lavoratori del settore privato (e non i pubblici) con l’esclusione dei lavoratori domestici e di quelli del settore agricolo che abbiano un rapporto di lavoro in essere da almeno 6 mesi.

L’anticipo in busta paga, che una volta richiesto sarà irrevocabile sino a tutto giugno 2018, riguarderà sia la quota destinata al Tfr che quella eventualmente destinata alla previdenza integrativa. Il dipendente potrà quindi fare richiesta di ottenere il Tfr in busta paga mensilmente anziché alla fine del periodo lavorativo. Visto che l’accantonamento del Tfr corrisponde a circa una mensilità all’anno, per un lavoratore che incassi mille400 euro netti significa ottenere in busta paga circa 100 euro al mese in più.

L’anticipo del Tfr sarà conveniente (dal punto di vista fiscale) per i lavoratori con un reddito fino a 15mila euro mentre subiranno un aggravio fiscale quelli al di sopra di questa soglia, con un aumento annuale di tasse.

Secondo i calcoli della Fondazione studi dei consulenti del lavoro sulla base della norma del ddl di stabilità che prevede che l’anticipo sia assoggettato a tassazione “ordinaria” e non separata come ora, fino a 15mila euro di reddito l’aliquota con il quale verrebbe tassato il Tfr in busta paga rispetto a quello che si ottiene alla fine del rapporto di lavoro sarebbe la stessa al 23percento, invece, per i redditi superiori, la tassazione separata è vantaggiosa per il lavoratore rispetto a quella ordinaria.

Per i redditi dai 15mila euro lordi ai 28mila 650 il divario di imposizione è ancora sostenibile (50 euro in più di imposta l’anno se si chiede l’anticipo in busta paga), oltre questa soglia la richiesta di anticipo non è più conveniente perché sarebbe tassata al 38percento con oltre 300 euro di tasse in più l’anno. Ad esempio, per chi può contare su un reddito di 20mila euro lordi l’anno il Tfr netto annuale sarebbe di mille 8 euro (84 euro al mese) a fronte dei mille 58 di Tfr netto annuale accantonato in azienda.

La scelta davanti alla quale si troverà il lavoratore sarà quindi tra:

1. avere maggiore liquidità nell’immediato (e quindi consumare di più ora) pur con un aggravio fiscale;

2. continuare ad accantonare la liquidazione in azienda per avere un “tesoretto” a fine carriera o in caso di licenziamento;

3. versare ai fondi pensione con l’obiettivo di avere una pensione integrativa a fronte di una pensione pubblica che sarà sempre più esigua.

In sostanza si è di fronte al classico dilemma: “Meglio la gallina oggi, o l’uovo domani”? La risposta, come sempre, è: “Dipende”.

Dipende dalle esigenze di ognuno, ma bisogna fermarsi a riflettere bene in questi casi, a mente lucida, ragionando anche al futuro e non solo al presente. Bisogna necessariamente farsi questa domanda: “Il beneficio di avere oggi qualche decina di euro in più al mese, vale la rinuncia ad una somma che, cumulata nel tempo, potrà darmi un utile tesoretto in caso di licenziamento o una buona integrazione alla pensione pubblica”? In sintesi: “Il gioco, vale la candela”?

Personalmente, non mi è ancora mai capitato di conoscere nessuno al quale poche decine di euro in più al mese abbiano cambiato la vita, ma in compenso, ho conosciuto molti anziani ai quali la pensione pubblica non basta di certo. E credo sia sufficiente questa riflessione per sgombrare dalla mente ogni dubbio sulla decisione da prendere, al di là di tutti i calcoli di convenienza fiscale che possiamo fare.

 

Dott. Giuseppe Idà
Consulente finanziario
ida.g@copernicosim.com
3470799188

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