In loro possesso, le forze dell’ordine hanno trovato complessivamente un chilo e mezzo di marijuana, 22 piante della stessa ancora in coltivazione e materiale vario per la cura e la confezione della sostanza.
Il giudice paolano ha deciso gli arresti domiciliari per lui, un quarantenne di Scalea, e l’obbligo di firma per lei, all’incirca coetanea e originaria del Senegal.
I due – sostengono i carabinieri di Scalea – avevano adibito un pollaio a serra per la coltivazione della marijuana.
Questa la cronaca degli arresti fornita dal comandante della compagnia di Scalea, Alberto Pinto.
Un’operazione nata quasi per caso. Tutto è partito dall’intervento di una pattuglia del nucleo operativo e radiomobile per sedare un litigio in una via di Scalea. La coppia, poi arrestata e processata, litigava per futili motivi in un’automobile. L’alterco ha attirato l’attenzione dei carabinieri. Dopo aver sedato gli animi, i militari hanno deciso di procedere con una perquisizione domiciliare a carico dei due avvalendosi anche della collaborazione dei colleghi della stazione di Diamante.
I carabinieri si sono dunque recati in località Pantano di Scalea, presso l’abitazione dell’uomo alla quale è annesso un terreno su cui conduce una piccola azienda agricola. Proprio qui, in una struttura un tempo adibita a pollaio, i carabinieri hanno rinvenuto una sorta di serra rudimentale. All’interno c’erano 22 piante di marijuana, ognuna interrata in un vaso. Coperte da uno strato di paglia, inoltre, sono state ritrovate altre piante della stessa specie, recise, ed essiccate.
Davanti all’evidenza, i carabinieri hanno proceduto agli arresti. La marijuana sequestrata è stata fatta immediatamente analizzare nella sede dell’Arpacal di Cosenza per accertarne le caratteristiche e le qualità. Dall’erba confiscata dai carabinieri – informano ancora dal comando scaleoto – la coppia avrebbe ricavato approssimativamente 3mila 500 dosi che, se vendute, avrebbero fruttato approssimativamente 35mila euro. La marijuana essiccata e le piante ancora in coltivazione sono state avviate alla distruzione.
Attualmente sono in corso indagini di approfondimento. Tuttavia, dal comando di Scalea sono convinti che si tratti di una iniziativa personale senza legami con gruppi criminali del Tirreno cosentino.
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