Tela del ragno, la requisitoria di Facciola (parte 2)

Pubblichiamo alcuni stralci della requisitoria del PM Eugenio Facciolla nell’ambito del processo Tela del ragno. Parte 2: La mafia è ancora presente. E non rispetta la vita.


PAOLA – (…) Il neo collaboratore Adolfo Foggetti testimonia come vi è stato un iter che ha avuto inizio nel ‘99 e che è stato soltanto, per così dire, interrotto, frazionato, interrotto nel 2012 con l’esecuzione dell’operazione di polizia giudiziaria che oggi è portata alla vostra attenzione, e che è ripreso subito dopo con una propria operatività attraverso o un interscambio di soggetti che, però, interagivano con chi era fuori della vecchia guardia, o, comunque, era, in qualche modo, riconoscente nei confronti di chi rappresentava il passato, un passato che, quindi, è ben lontano dall’essere demolito, dall’essere, ormai, riposto e dimenticato, ma è attivo ed è presente sul territorio di Paola e dintorni.

Proprio su questa premessa generale, io solleciterò il tribunale a verificare l’esattezza del mio ragionamento, allorquando farò delle considerazioni proprio in chiave logica per collegare fatti, circostanze e soggetti, con riferimento a quelli che sono elementi probatori che sono certi, concreti, precisi, nei confronti di altri soggetti e di altre situazioni. La verifica della prova logica, della tenuta logica, se vogliamo, del ragionamento.

E perché questo richiamo? Perché, certamente, quando andrete ad analizzare nella vostra camera di consiglio le collaborazioni con la giustizia, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (…) vi chiederò in questa ottica anche di valutare una serie proprio di atteggiamenti, di condotte, di presupposti che sono presupposti condizionanti di quello che, poi, emergerà attraverso l’esame di queste persone, così come dei testimoni in senso puro, in senso classico del termine, i cosiddetti soggetti terzi che, come vedremo da qui a breve, poi, tanto terzi non sono, perché in questo processo vi è una parte che rappresenta la criminalità organizzata e un’altra parte che dovrebbe essere il soggetto terzo, il testimone puro, quindi, la parte sana della collettività che è, drammaticamente, condizionata dalla criminalità organizzata.

Vi chiederò di prestare attenzione e il massimo scrupolo professionale a quelle che sono le circostanze dei fatti, la natura del reato, ma le circostanze in cui lo stesso è stato consumato, è stato portato fino alle conseguenze estreme. Vi chiederò di tenere conto della personalità degli imputati, della loro mancanza totale di forme di rispetto della vita umana, rispetto dell’altrui persona, rispetto di quel minimo che ci consente di dire che siamo in presenza di esseri umani.

Perché il dato che balza agli occhi, sin dal primo momento, quando si sono verificati questi fatti, quindici anni fa, non era la consumazione dell’omicidio, più o meno, efferato, secondo le forme classiche o non classiche di consumazione del delitto di sangue, ma era la spavalderia, era la tracotanza, era la totale indifferenza ancora prima rispetto alle garanzie, ai preposti dello Stato, le forze dell’ordine, la magistratura sul territorio, ma rispetto proprio a quelle forme di vita di rapporto sociale esistenti sul territorio.

Era il 2000, signori giudici del tribunale di Paola, e le persone venivano prelevate e fatte scomparire, non era l’età della pietra, non erano gli anni di Mario Serpa e della prima cosca Serpa che uccideva, massacrava, estorsioni, delitti ed altro, sono le sentenze che avete acquisito, che consentono di verificare come si è fatto un passo indietro nel rispetto della vita, nel rispetto delle regole naturali, delle regole naturali, basilari ad ogni rapporto, ad ogni contesto sociale. (2 – continua)

TELA DEL RAGNO

Redazione

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