Di Maio e Di Battista contro i giornalisti dopo l’assoluzione della Raggi. Un Governo che non sa di cambiamento pensasse al mondo del lavoro
EDITORIALE – In queste ore ho notato colleghi commentare aspramente le dichiarazioni di Di Maio e Di Battista contro la categoria.
Concordo con loro, soprattutto con due assunti imprescindibili dalla questione: anche tra noi ci sono delle merde, ma nessuno tocchi il diritto di raccontare.
Alcuni colleghi hanno arricchito i loro post con una foto del proprio tesserino dell’ordine. Io no. Ricordo di averlo tirato fuori solo in qualche occasione, con colleghi più giovani che volevano vedere che forma e colore avesse la loro aspirazione. Ora so di averlo da qualche parte, ma neanche so bene dove.
Detto questo, vorrei dare un mio contributo. Se questo governo vuole intervenire sul settore, la smetta di dare la caccia ai “pennivendoli” e alle “puttane” dell’informazione.
Perché quelli, sì, ci sono, esistono. Ma perseguire loro è come arrestare un pusher senza risalire al vertice di una piazza di spaccio.
Ma perseguire loro è come arrestare un pusher senza risalire al vertice di una piazza di spaccio
Un pennivendolo, oggi, esiste semplicemente perché il sistema informazione in Italia è tale da costringere nell’indigenza molti operatori. È tale da aver creato i cosiddetti “non-editori” che si spacciano per editori.
Che mettono su giornali e non pagano gli stipendi. Che ogni tanto “recuperano” gli arretrati “regalando” qualche centinaio di euro.
Insomma, è la libertà di informazione vs la bolletta della luce. E me ne faccio un vanto mentre conto gli spicci che ho in tasca.
È la libertà di informazione vs la bolletta della luce
Se per governare meglio vuoi zittire una professione non mi mostri il cambiamento.
Se volete essere il governo del cambiamento mettete mano al lavoro, ridate dignità agli onesti e smettetela di rompere il cazzo con questi grandi temi fascistoidi come la sicurezza e l’immigrazione.