OPINIONE

Katarion: la ‘ndrangheta infetta il Tirreno ma non tutti ne colgono la gravità

OPINIONI ||| I responsabili zonali della Cgil sull’operazione della Dda di Gratteri contro la cosca Muto di Cetraro.


DI GIUSEPPE GUIDO* E MIMMA IANNELLO**

D’inchiesta in inchiesta si svela la portata di fenomeni corruttivi e della presenza della ‘ndrangheta nella comunità dell’Alto Tirreno cosentino.

L’operazione Katarion coordinata dalla Dda del procuratore Nicola Gratteri evidenzia, a riprova di chi fatica a guardare in fondo alla realtà locale, quanto la ‘ndrangheta della cosca Muto era e continua ad essere ben presente nel territorio, ben operativa e ben protesa al controllo delle proprie attività criminali.

I risvolti dell’inchiesta evidenziano non solo i legami del clan Muto con altre articolazioni criminali operanti nella Locride, quanto la pervasività di traffici criminali che impattano sull’economia e sulla vita di tante famiglie che vivono il dramma delle tossicodipendenze e dell’estorsione.

Un mercato di morte che arricchisce i potentati criminali ma che uccide e condiziona la vita economica e quella dei tanti giovani e delle famiglie devastate dalle conseguenze dell’uso di stupefacenti.

È sconcertante però che pezzi del territorio siano muti, sordi e ciechi di fronte ad una realtà che non va esorcizzata e nascosta, ma denunciata quotidianamente.

Ancor più in questa lunga fase di emergenza sanitaria da Covid in cui le famiglie, i giovani, il mondo del lavoro, le imprese, i commercianti vivono condizioni straordinarie di solitudine, di paure, di precarietà e di incertezza.

Emblematico che l’inchiesta sia partita dalla denuncia di una nonna disperata per la dipendenza del proprio nipote.

Occorre impedire e vigilare a che il bisogno e le fragilità delle persone non diventino occasione di lucro per la ‘ndrangheta e per gli sciacalli delle crisi. Addirittura, trasformando giovani minorenni in pusher dello spaccio o consegnando pezzi di economia sana al giogo o al controllo mafioso.

È altrettanto sorprendente però che la Commissione antimafia calabrese non abbia fin qui avvertito l’opportunità di spendersi per denunciare il peso della ‘ndrangheta in questo pezzo di Calabria e indicare quali iniziative le istituzioni regionali abbiano fin qui attivato per drenare terreno alle cosche.

Siamo sempre più convinti che l’attività politica di antimafia non si risolve con astratte nomine, ma con la pratica ed il coraggio della buona amministrazione, della denuncia e con la promozione di una cultura capace di seminare il germe della legalità. In ogni campo.

La Cgil, troppo spesso voce solitaria di legalità, non ha mai smesso di accogliere come sanificatorie le inchieste della magistratura verso pezzi di pubblica amministrazione pervasi da collusioni e corruzione.

A partire dal settore sanitario pubblico e privato e verso ogni attività di origine ‘ndranghetista o riconducibile a massonerie deviate come nelle ultime inchieste riguardanti una rete di professionisti dediti a procurarsi indebiti vantaggi a danno delle casse pubbliche tramite gare ed incarichi professionali truccati.

Alla luce di quanto continua ad emergere sul territorio la Cgil, convinta che il riscatto dello stesso parta dal lavoro contrattualizzato, dalla sana imprenditoria e dalla buona amministrazione, ribadisce la piena fiducia e il proprio sostegno alle forze dell’ordine e alla magistratura impegnate nell’azione pervicace di bonifica del territorio”.

*Segretario Generale Comprensorio Pollino Sibaritide Tirreno
**Mimma Iannello Responsabile CGIL Area Tirreno

Redazione

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