Paolo Bruno ferito ma non in pericolo di vita in attentato dei talebani
Esplosione a Shindand: muore l’alpino Massimo Ranzani feriti altri 3
DI ANDREA POLIZZO
Nell’attentato, rivendicato dai talebani, ha perso la vita un militare italiano, Massimo Ranzani, nato a Ferrara il 24 marzo del 1974.
L’alpino Calabrese, a quanto si apprende, non è in pericolo di vita avendo solo riportato la frattura di una gamba ed ha anche contattato telefonicamente i familiari per rassicurarli sul suo stato di salute. Nel pomeriggio di oggi, rappresentanti delle forze dell’ordine e del reparto genio guastatore di Castrovillari e del team delle gravi patologie del reggimento di Catanzaro si sono recati presso l’abitazione tortorese della famiglia Bruno per fornire supporto morale ai parenti di Paolo.
“Paolo – racconta un parente – è un ragazzo molto serio nonostante la sua giovane età. Molto determinato, preciso e puntuale: il classico bravo ragazzo del paese. Lo ha sempre dimostrato anche nell’impegno nel lavoro e negli studi. Dopo le superiori – prosegue il familiare – ha deciso di prendere la strada della vita militare e di fare carriera. Fino a qualche tempo fa era anche fidanzato con una ragazza del posto anche lei nell’esercito”.
Questa la dinamica dell’agguato avvenuto in Afghanistan. I militari, tutti appartenenti al 5° reggimento alpini di Vipiteno, rientravano a bordo del mezzo militare da un’operazione umanitaria di assistenza sanitaria alla popolazione locale. L’esplosione è avvenuta intorno alle 12 e 45 di oggi quando il Lince transitava nei pressi di Shindand. Era il terzo mezzo di una colonna di tredici mezzi, fra i quali c’era anche una autoambulanza.
Mentre purtroppo per Ranzani non c’è stato nulla da fare, i compagni feriti sono stati condotti presso l’ospedale militare della base Shaft di Shindand, sede del comando della Task force centre.
La Procura di Roma ha aperto un’indagine e, al momento, viene ipotizzato il reato di attentato con finalità di terrorismo. La salma del militare ucciso rientrerà in Italia mercoledì.
L’utilizzo di ordigni improvvisati, nonostante gli importanti progressi svolti dalla missione Isaf per contrastarne la minaccia, rappresenta una delle modalità di azione tra quelle utilizzate dagli insorti e, nel 30per cento dei casi, colpisce vittime civili.
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