Di cosa si stupisce l’uomo del terzo millennio?

Quinto appuntamento con la rubrica Chiesa e giovani in dialogo
È necessario ricominciare a stupirsi delle brutture di questa era


DI DON FIORINO IMPERIO

TORTORA – Il panorama culturale attuale offre dei parametri di riferimento per lo svolgersi della vita che sono davvero particolari, ma nel senso vero del termine. Cioè, non si respira in grande… ma in piccolo. Ognuno coltiva il suo orticello, non esiste niente di universale e oggettivo e le cose più naturali della vita risultano essere assurde.

Un uomo di spicco nel palcoscenico televisivo odierno, il grande sacerdote del tempio tv, Maurizio  Costanzo, in uno dei suoi programmi televisivi si trovò ad interrogare una coppia che da poco aveva con gioia festeggiato cinquant’anni di matrimonio e lui, (lo dico senza la minima intenzione di giudicare, ma come semplice constatazione) quasi fuori di sé in senso negativo, disse: ma come avete fatto a stare insieme cinquant’anni?

Come se questa cosa fosse da persone a-normali. Ci si stupisce, appunto.

Negli anni della mia formazione ho avuto modo di fare un’esperienza significativa davvero importante per la mia crescita umana. Ho trascorso venti giorni all’ospedale Cottolengo di Biella, realtà dove vengono ospitate persone che hanno problemi di malformazioni di grave entità, ma che sprizzano gioia da tutti i pori!

Lì, ebbi modo di venire a conoscenza di una suora che da più di vent’anni viveva la sua vocazione svolgendo il servizio di lavanderia. Giorno e notte, sempre le stesse cose, senza mai la soddisfazione di sentirsi dire grazie da coloro che usufruivano del suo servizio. Migliaia di lenzuola, stoffe (vi lascio immaginare come erano imbrattate) lavate sempre con la stessa cura e con lo stesso amore per persone che non conosceva, con le quali non aveva nessun legame parentale.

Raccontando poi l’esperienza qualcuno mi disse: “Ma chi glielo fa fare? Sprecare la vita così, senza avere nessuna ricompensa? Chi glielo fa fare”? Forse vi aspetterete che abbia risposto “La sua fede in Dio”. No, miei cari, o meglio, si, anche quello, principalmente quello. Ma ciò che spinge una persona a fare questo è anzitutto quella tensione innata nel cuore dell’uomo che spinge ad andare oltre, per fare il bene ed evitare il male.

Un prete cappellano militare in guerra dovette affrontare un momento davvero difficile. Aveva sotto gli occhi un soldato che stava per perdere la vita e gli disse: “Fratello, confessati stai per morire”! e il soldato disse: “Dammi il pane che porti nella bisaccia”. Il prete incalzò: “Confessati”! e il soldato riprese: “Dammi l’acqua della borraccia”! Gliela diede e il soldato disse: “Ora parlami di quel Dio che ti ha spinto a darmi i tuoi viveri rischiando di morire assetato o di fame”. Anche il soldato si è stupito.

Ritorna l’interrogativo di fondo: Di cosa ci si stupisce? Ci rendiamo conto che il registro percettivo della vita merita qualche correzione? Ci si può davvero stupire del fatto che qualcuno doni la propria vita incondizionatamente e gratuitamente senza pretendere nulla in cambio? Ma è davvero così?

Tempo fa i nostri telegiornali ci hanno riportato un fatto di cronaca raccapricciante. Un gruppo di giovani a Bologna bruciò senza alcuna pietà un povero barbone. Interrogati sul perché l’avessero fatto risposero: “Per noia”. Vittorino Andreoli,  noto Psichiatra, affermò che questi ragazzi non sono cattivi, sono semplicemente vuoti. Vuoti appunto. Che tristezza! E di questo chi si stupisce? Chi prova a cambiare rotta?

Auguriamoci davvero che ciascuno di noi abbia il coraggio di guardarsi dentro per cercare di dare nuova linfa alla nostra povera ma affascinante avventura che è la vita.

Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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