I clienti, lo ricordiamo, sono stati tutti risarciti da Poste italiane dopo le giuste rivendicazioni.
Il processo penale è comunque partito a carico del direttore accusato originariamente di peculato. In fase di udienza preliminare la difesa rappresentata dall’avvocato Adolfo Cavaliere eccepisce che in realtà secondo giurisprudenza costante l’imputazione sarebbe dovuta essere di frode informatica.
Il Gup accoglieva la tesi della difesa e rimandava gli atti in Procura per la riformulazione del capo d’accusa.
Tutto risolto? Niente affatto. Dopo più di un anno si torna in aula. Dinanzi al giudice monocratico Pugliese il legale dell’uomo, l’avvocato Cavaliere contesta che l’accusa in questione non poteva essere trattata con citazione diretta in giudizio ma richiedeva il “filtro” dell’udienza preliminare.
Il giudice Pugliese, dopo un’ora di camera di consiglio accoglieva anche la nuova tesi difensiva e restituiva nuovamente gli atti al pubblico ministero. Il processo adesso potrebbe molto probabilmente andare in prescrizione.
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