Fiamme e indignazione: quesiti senza risposte

Il territorio brucia tra l’indignazione dei cittadini e troppe evidenze da non confondere con mere coincidenze. Mini inchiesta sugli incendi boschivi.


AIETA – Incendi boschivi opera dell’uomo, appiccati per fini personali, con una sospetta collusione da parte di organi preposti al controllo e alla gestione del territorio.

Un quadro impietoso, questo, tratteggiato da fonti confidenziali su un fenomeno che in questi giorni suscita indignazione nella popolazione del Tirreno cosentino.

Troppi gli indizi che ad occhi poco attenti potrebbero passare per mere coincidenze. Le fiamme divampano sempre in presenza di giornate molto ventose. Esplodono a macchia di leopardo, ovvero con focolai sparsi. Le aree interessate sono sempre le stesse. Bruciano un anno sì e uno no. E sono zone di pascolo. L’erba rinasce rigogliosa con i semi presenti nel terreno che beneficiano delle alte temperature. Basta non bruciare troppo spesso. Un anno si e uno no, appunto.

E ancora – sempre secondo gli stessi informatori – bisognerebbe dare delle risposte ad alcuni quesiti. Come mai – ad esempio – negli ultimi anni gli incendi verificatisi in inverno e primavera hanno superato di gran lunga quelli estivi? Guarda caso, la campagna antincendio della Regione Calabria dura solo dal 15 giugno al 15 settembre. Come a dire: negli altri 9 mesi il territorio è abbandonato a sé stesso.

Ma c’è da tenere in considerazione un altro fattore. La legge che ha istituito il catasto degli incendi stabilisce che un terreno interessato da un rogo debba essere interdetto a qualsiasi uso, per periodi che arrivano in alcuni casi anche a 15 anni, sulla base di una valutazione fatta dalla Forestale e su richiesta degli uffici tecnici dei comuni.

Eppure c’è chi riferisce che, ad esempio, è possibile vedere animali da pascolo brucare l’erba ricresciuta su terreni incendiati l’anno prima. Un altro segno di mancanza di controllo del territorio.

Infine un altro aspetto che merita attenzione. Secondo il codice penale italiano, chi incendia i boschi deve essere condannato a pene che vanno da 4 a 10 anni di carcere. Eppure è opinione comune che quei pochi piromani colti in flagranza non fanno mai neanche un giorno in gabbia.

Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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