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Caso Vommaro: la procura di Paola vuole il processo

Richiesta di rinvio a giudizio per cinque medici per la morte di Gianfranco Vommaro, giovane paolano deceduto in un supermarket. I camici bianchi lo avevano avuto in cura prima a Rozzano poi a Belvedere Marittimo. Sono accusati di omicidio colposo in concorso.


PAOLA – Caso Vommaro, richiesta di rinvio a giudizio per i cinque medici indagati dalla procura di Paola.

L’accusa, nei confronti di tre camici bianchi dell’Istituto Humanitas di Rozzano (Milano) e di due della clinica Tricarico di Belvedere Marittimo, è di omicidio colposo in concorso.

La procura di Paola ha chiuso le indagini sul decesso di Gianfranco Vommaro. Il procedimento è stato completamente ribaltato in incidente probatorio. L’assunto dell’accusa, oggi, è che Vommaro non sarebbe quindi stato adeguatamente assistito dai medici che lo avevano avuto in cura.

La famiglia del giovane è rappresentata dagli avvocati Massimiliano Coppa, Paolo Coppa, Marianna De Lia e Luigi Forciniti. Gli stessi che hanno contrastato ogni ipotesi di decesso non prevedibile avanzata preliminarmente dai consulenti della procura, i professori Ricci e Mastroroberto dell’Università di Catanzaro, i quali avevano in precedenza escluso responsabilità in capo a tutti i sanitari.

L’udienza dal Gup è stata fissata per il prossimo 30 novembre. In quella data il giudice dovrà decidere se rinviare a giudizio o meno i cinque indagati.

L’incidente probatorio

Il collegio difensivo, coadiuvato da un nutrito drappello di consulenti e specialisti, si era opposto fermamente alla richiesta di archiviazione, proposta in prima battuta, ottenendo l’accoglimento dell’istanza di incidente probatorio sulla scorta delle motivazioni scientifiche proposte dai consulenti di parte civile (Vincenzo Pascali, Berardo Cavalcanti, Francesco Alessandrini, Ido Lista, Luca Marchese).

L’assistenza nel tempo prestata al giovane paziente, secondo gli stessi consulenti, non è stata allineata agli standard assistenziali di settore, superando anche i parametri dettati dalla qualificazione della nuova normativa sulla responsabilità medica.

Quindi i periti del giudice all’esito di una serrata udienza in contraddittorio hanno concluso affermando l’inadeguatezza delle condotte assistenziali omissive e commissive poste in essere dai medici che a vario titolo ebbero in cura il giovane.

In poche parole sarebbe bastato un semplice defibrillatore cardioverter impiantabile (Icd) per evitare l’evento mortale. Tutto questo se si considera anche il fatto che il giovane aveva alle spalle un retroterra familiare importante in tema di patologie cardiache, così aumentando il rischio che l’evento verificatosi potesse accadere da un momento all’altro.

L’indagine della procura, guidata dal procuratore Pierpaolo Bruni, è stata istruita dal pm Maurizio De Franchis, che ha dato un nuovo impulso alla vicenda facendo luce su tutti i passaggi.

Francesco Maria Storino

Attualmente collaboratore della Gazzetta del Sud ha lavorato per La Provincia, Comunità 2000, Edizioni master, Il Quotidiano della Calabria e Corriere dello Sport. Cura particolarmente la cronaca giudiziaria.

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