Carabiniere accusato anni fa dai colleghi di aver fatto saltare un’operazione perché ubriaco. Assolto dal tribunale militare di Napoli. Secondo i giudici lo stato alterato del graduato della compagnia di Paola era dovuto all’ipertensione.
PAOLA – Il brigadiere dava i numeri e per i colleghi non restò che sospendere l’operazione in corso.
Secondo le accuse quel giorno aveva alzato il gomito, ma per il giudice del tribunale penale militare di Napoli il suo stato era dovuto dall’ipertensione.
“È necessaria un’autovettura più grande, il collega è ingrassato, così tanto, che non entra più in auto”. Avrebbe detto il carabiniere al suo superiore.
I carabinieri sono dovuti rientrare per lo stato di alterazione del brigadiere che davanti agli esterrefatti colleghi avrebbe iniziato a dare i numeri e a chiamare i superiori. Oltre alla richiesta per il collega diventato “ciccione” avrebbe anche telefonato al comandante chiedendo se il giorno successivo poteva offrirgli una pizza.
Una serie di sequenze da gag, al limite del bizzarro che hanno indotto i carabinieri, sfilati poi a testimoniare in tribunale a Napoli, ad avvertire i superiori.
Per i colleghi, in poche parole, il brigadiere quel giorno si sarebbe attaccato alla bottiglia del vino. Non l’ha pensata allo stesso modo però il giudice del tribunale militare: il carabiniere soffriva di ipertensione. Il militare è stato quindi assolto perché il fatto non sussiste.
A difenderlo gli avvocati Giacomo Middea e Adolfo Cavaliere. Nel corso del processo durato diversi anni è mancata una prova certa per “incastrare” il carabiniere. Nessuno si è infatti preoccupato all’epoca di fare l’alcol test al collega.
E i medici che lo avevano in cura hanno confermato come soffrisse di pressione alta, ma che non aveva mai manifestato problemi di alcolismo.
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