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Sport e inclusività: “Dalla De Presbiteris circostanze non veritiere e poco credibili”

Interviene la madre di Lorenzo, il bambino nato con sindrome di Down al centro di un recente caso di presunta discriminazione.

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DI LOREDANA BOCCHINO*

A seguito di quanto accaduto nei giorni scorsi sulla vicenda “sport-disabilità” e la successiva bufera mediatica, che ha investito mio figlio Lorenzo, nato con sindrome di Down, avevo scelto volutamente di non rilasciare interviste.

E ciò nonostante le varie richieste pervenutemi da parte del settore informazione sia a livello locale che su scala nazionale, poiché ho ritenuto doveroso lasciare decantare il forte “rumor mediatico” venutosi a creare a seguito di un post scritto sulla mia pagina Facebook personale (con impostazioni di privacy privata, e con la condivisione da parte di alcuni miei contatti è poi divenuto di dominio pubblico) quale mero sfogo di una madre che da 8 anni lotta per i diritti di suo figlio.

In tale post le mie esternazioni le rivolgevo alla mia persona per aver semplicemente risposto, ad un rifiuto, con un “va bene, grazie!”, e avendo fra l’altro già replicato e smentito in altra sede con la controparte.

L’assessore Laura De Presbiteris, di converso, rilasciava diverse dichiarazioni su alcune testate giornalistiche locali e per mezzo di un comunicato stampa ufficiale, a mio sommesso avviso finalizzate unicamente alla difesa della propria persona e non dell’istituzione rappresentata.

In dette dichiarazioni la Depresbeteris, in primis dichiarava che detta vicenda era da ascrivere un presunto “fraintendimento”, mentre successivamente attraverso il comunicato stampa reso pubblico il 24 giugno, narrava circostanze non veritiere e poco credibili.

Ebbene, l’assessore Depresbeteris in detto comunicato affermava di “aver richiesto alla famiglia tempo per organizzarsi”. Tuttavia dette dichiarazioni non solo non sono mai state propalate, per le vie brevi, dalla stessa, né mai formalizzate (sia attraverso un atto ufficiale dell’ente dalla stessa rappresentato, sia per mezzo di messaggistica web) all’indirizzo di chi scrive.

Al di là del contenuto non genuino di detto comunicato stampa (che sarà oggetto di valutazione nelle opportune sedi giudiziarie), preme evidenziare come un progetto di un ente comunale, che si fregia della denominazione “socio-educativo”, gestito dall’assessore alle Politiche inclusive, di sostegno e attività sociali, e che la stessa pubblicamente ha propagandato con finalità volte soprattutto ai più disagiati e ai diversamente abili, richieda un presunto “tempo organizzativo” a soli due giorni dall’inizio delle attività.

Il tutto solo per accogliere un bambino diversamente abile con la passione per il calcio.

Nonostante la mia ritrosia nel rilasciare interviste o inoltrare comunicati stampa, ho deciso di intervenire al fine di fare chiarezza su quanto accaduto e ristabilire, definitivamente, la verità.

La vicenda nasce da un grande desiderio espresso da mio figlio Lorenzo: imparare il gioco del calcio e condividere questa disciplina unitamente ai propri compagni di squadra.

Un desiderio banale, affermerebbero tutti spontaneamente, che appartiene a qualsiasi bambino appassionato di sport.

Tuttavia, in via precauzionale e per evitare a Lorenzo delusioni e ulteriori esperienze negative di porte chiuse in faccia (ne abbiamo viste tante), prima di inviare i documenti necessari per l’iscrizione (peraltro – si badi bene – non richiesto un certificato medico per attività sportiva non agonistica), comunicavo – solo per un eccesso di zelo – che mio figlio è affetto da sindrome di Down e pertanto chiedevo conferma per la partecipazione.

Mi perveniva dapprima una risposta positiva, sebbene sottoposta ad una incomprensibile condizione, ovverosia, quella che avrei dovuto parlare con il mister.

Successivamente, dopo circa un’ora, mi veniva risposto che l’ente non aveva personale idoneo disponibile. Ergo Lorenzo vedeva sfumare il suo piccolo sogno di imparare una disciplina sportiva che ha, peraltro il fine di educare ed aggregare chi vi partecipa senza distinzioni alcune.

Premesso che da un ente socio educativo mi aspettavo e mi aspetto, a tutt’oggi, la possibilità di offrire la partecipazione ai soggetti diversamente abili alle attività dallo stesso organizzate.

Poiché, a tutt’oggi, ciò non è ancora avvenuto, a mio sommesso parere, viene spontaneo chiedersi se il bando progetto “socio-educativo” finanziato coi soldi di noi contribuenti – era ed è viziato da un macroscopico vulnus in materia di disabilità.

O, ancora, supporre che l’ente organizzatore non si aspettava iscrizioni da parte di diversamente abili e, quindi, venivano colti impreparati su come affrontare la questione.

Tant’è che, solo dopo la “bufera mediatica” l’assessore si adoperava a trovare una “soluzione” (termine per la scrivente inadeguato in virtù delle finalità del progetto stesso), nella figura di una educatrice per Lorenzo che solo a seguito di mia vibrata replica diventerà (come per magia !!!) l’educatrice di tutti i bimbi del corso, perché la sicurezza viene prima di tutto anche dell’inclusività.

Ma se così fosse tale figura doveva essere già contemplata nel progetto e non proposta come soluzione postuma a due giorni dall’inizio attività.

Ancora mi viene difficile comprendere il motivo per il quale gli spazi utilizzati per l’attività calcio, ovverosia i campi polifunzionali di Praia a Mare, non possano tutelare mio figlio Lorenzo, mentre sono sicuri per gli altri bambini.

È lapalissiano come l’ente comunale non abbia riservato alla scrivente lo stesso trattamento offerto ai genitori di soggetti non disabili.

Eppure la nostra Carta Costituzionale – sebbene risalente al lontano 1948 -, nonché le successive leggi nazionali e internazionali in materia di disabilità e di diritti umani rappresentano il baluardo per l’eliminazione di qualsivoglia discriminazione.

Pertanto, alla luce di quanto sopra narrato, risulta evidente e lecita l’attuale mia volontà di non far frequentare a Lorenzo l’attività calcio promossa dal centro comunale socio-educativo di Praia a Mare.

Lorenzo merita, indubbiamente, un’accoglienza diversa che, in questi giorni, gli è stata già manifestata e tributata da numerose scuole calcio, esistenti nella provincia di Cosenza, alle quali vanno i miei più sentiti pubblici ringraziamenti.

Mi auguro che la protagonista di detta spiacevole vicenda si assuma tutte le responsabilità civili e penali del caso e abbia, quantomeno, il buon senso di chiedere pubblicamente scusa a Lorenzo e alla categoria che egli rappresenta, affinché il “rappresentare con attenzione ed inclusività” non rimanga, ahimè, una bella frase “ad effetto”, ma trovi applicazione nella
quotidianità.

Preannuncio di riservarmi sin d’ora ogni azione penale e civile a tutela di Lorenzo, al fine di vedere affermati i propri diritti, ricorrendo alla produzione, nelle competenti sedi giudiziarie, di prove e documenti che non si prestano a fantasiose interpretazioni.

*madre di Lorenzo

bigmat fratelli crusco grisolia

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