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Per monsignor Battaglia i calabresi dovrebbero essere come San Giuseppe

Toccante omelia dell’arcivescovo di Napoli a Santa Maria del Cedro per il patrono. “Restate in Calabria per vivere e non per sopravvivere”. 


Restate in Calabria per vivere e non per sopravvivere”, ha detto monsignor Domenico Battaglia in una toccante omelia pronunciata a Santa Maria del Cedro in occasione dei festeggiamenti patronali.

L’esortazione risale a una pastorale giovanile degli Anni ’80, scritta a quattro mani con don Gaetano De Fino, il parroco della parrocchia Nostra Signora del Cedro che ha avuto l’idea di invitare l’attuale arcivescovo di Napoli per un breve ritorno nella sua terra di origine.

E oggi, quell’incoraggiamento suona ancora più necessario. “Siate protagonisti del cambiamento, di una nuova e possibile pagina di storia di questa terra”, ha detto il presule originario di Satriano.

Monsignor Domenico Battaglia arcivescovo di Napoli (foto credits: Vittorio Vitale)

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Senza mezzi termini. Don Mimmo sa parlare dell’attualità senza giri di parole e la sua narrazione è ricca di aneddoti sui prediletti di Dio, su quegli ultimi che incontra sulla strada: “È qui che dovrebbero stare i preti, non chiusi nelle sagrestie”, ha precisato. Ultimi, dai quali – ogni volta – impara la vita e nei cui gesti esemplari scorge la presenza della divinità.

Gli ultimi, come protagonisti del tempo, della storia. E in Calabria, sappiamo bene cosa significhi essere ultimi.

E allora, ecco cosa trarre e conservare dalle parole di monsignor Battaglia che narrando ai fedeli presenti nella chiesa di Santa Maria del Cedro le principali virtù del patrono locale, ha in sostanza esortato i calabresi ad essere proprio come San Giuseppe.

Un parallelismo che parte dalle parole che l’angelo del Signore riferisce in sogno al padre terreno di Gesù, che meditava di rifiutare la sua futura sposa, Maria, incinta per opera dello Spirito Santo: “Non temere”. Una grande prova, insomma, da accettare senza paura. Serve anche questo, per cambiare la Calabria.

Poi, don Mimmo ha ricordato cosa distingueva San Giuseppe. Egli “è custode del futuro”, ha detto. Al pari, insomma, di chiunque custodisca una figlia o un figlio. Compito nobilissimo per chi è chiamato a lasciare alle discendenze una terra migliore nella quale crescere.

Ma il padre di Gesù ha saputo anche segnare il tempo, leggendo con lucidità cosa avveniva, senza mai perdere di vista il suo sogno.

Per questo, soprattutto, “insegna il mestiere di vivere”, ha detto monsignor Domenico Battaglia chiudendo idealmente quel cerchio partito con la distinzione tra, appunto, vivere e sopravvivere.

“Non perdete mai la speranza – ha quindi esortato – e non cedete mai in appalto a nessuno le vostre coscienze”.

E speranza ne serve tanta per non mollare e vivere in una delle regioni più difficili d’Italia, teatro del malaffare, delle disfunzioni, delle arretratezze, degli ultimi posti in classifica.

Dove servono coscienze verticali, come quelle che don Mimmo ha chiesto, soprattutto ai più giovani, di preservare come bene tra i più preziosi.

Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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