L’Accademia italiana del peperoncino denuncia la contraffazione del “Diavolicchio Diamante”, un ecotipo coltivato nel Tirreno cosentino. I consigli del presidente per riconoscere l’originale.

L’Accademia italiana del peperoncino lancia un allarme sulla crescente contraffazione del “Diavolicchio Diamante“, un ecotipo coltivato nel Tirreno cosentino la cui richiesta nei mercati italiani è in costante aumento.
La denuncia, sollevata dal presidente Enzo Monaco, punta il dito contro aziende agricole del centro-nord che vendono un prodotto contraffatto, spacciandolo per l’originale.
“Abbiamo le prove, dice il presidente Monaco, che queste aziende pubblicizzano un ‘Diavolicchio di Diamante’ che nulla ha a che fare con il nostro ecotipo”. Il nome ufficiale, precisa Monaco, è “Diavolicchio Diamante“, senza la preposizione “di”, e in molti casi si tratta della varietà “Amando”, un ibrido che non è coltivato a Diamante ma ne imita soltanto la forma.
Per evitare la truffa, i consumatori devono assicurarsi che le confezioni abbiano il marchio del Consorzio dei coltivatori e la denominazione corretta. Il “Diavolicchio Diamante” originale si distingue per la sua forma affusolata, è molto profumato, mediamente piccante, e ha una buccia sottile che lo rende facile da essiccare. È richiesto per le tradizionali “nzerte”, le trecce di peperoncini che vengono vendute ai turisti anche come souvenir.
L’ecotipo ha radici storiche, essendo coltivato già nel XVII secolo nel feudo di Tiberio Carafa, e da allora la sua coltivazione si è estesa in tutto il Tirreno cosentino. La sua denominazione è stata ufficializzata dall’Accademia del peperoncino nel 1992, in concomitanza con la nascita del Peperoncino Festival di Diamante, dove il frutto è l’indiscusso protagonista.
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