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Processo Marlane, Lomonaco: “La fine di un incubo”

GS_inside_arPRAIA A MARE – “È la fine di un incubo, ma sono troppo emozionato per parlare. Posso solo dire che mi sento sollevato, perché questa sentenza pone fine al mio calvario personale durato così tanti anni”.

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Sono passati solo pochi minuti dalla sentenza di primo grado del processo Marlane e, a caldo, sono queste le prime parole pronunciate alla stampa presente da Carlo Lomonaco. Uno dei 12 imputati del processo Marlane. L’ex sindaco di Praia a Mare. Il perito che in fabbrica fu responsabile del reparto di Tintoria, del depuratore e anche dell’intero stabilimento, per un anno circa, mentre la fabbrica era avviata alla chiusura avvenuta poi nel 2004. Era, inoltre, l’unico dei 12 a dover rispondere di tutte le accuse formulate dalla Procura della Repubblica di Paola. Per lui, i PM Sonia Gambassi e Maria Camodeca, nella loro requisitoria del 20 settembre scorso, avevano chiesto la pena più pesante: 10 anni di carcere. È infine, uno dei pochi imputati presente a ogni udienza in 4 anni di processo. Sin dal 2010, quando il PM Antonella Lauri chiude le indagini preliminari.

Le parole di Lomonaco arrivano dopo l’assoluzione pronunciata nell’aula Beccaria del tribunale di Paola dal presidente della corte Domenico Introcaso. Tutti assolti. Da tutte le accuse. E allora, il silenzio reverenziale verso i giudici dell’aula Beccaria si trasforma in brusio. Chi gioisce si abbraccia e chi, al contrario, non gioisce borbotta “vergogna”.

Tra quelli che cercano braccia da stringere e da cui essere avvolti c’è proprio Carlo Lomonaco. “Ci sarà modo – conclude allontanandosi con sua moglie – per commentare questa vicenda”.

E allora qualche parola in più la pronuncia uno dei difensori di Lomonaco, Patrizia Morello, che ha condotto la difesa con l’avvocato Nico D’Ascola.

“Siamo del tutto soddisfatti – spiega –. La formula stessa dell’assoluzione, ovvero la formula piena perché il fatto non sussiste è il degno coronamento di una difesa che ha dimostrato punto per punto la insussistenza di quanto la pubblica accusa aveva cercato invece di dimostrare. Una insussistenza che abbiamo dimostrato per ciascuno dei reati contestati: il disastro ambientale, ma anche il reato di omissione di cautele sui luoghi di lavoro e fino agli omicidi colposi. Un lavoro di molti anni, un dibattimento lungo e impegnativo. Va il nostro plauso al collegio giudicante che si è dimostrato equilibrato nel corso dell’intero processo dimostrando con questa sentenza di confermare la nostra valutazione di obbiettività”.

Nell’udienza del 5 dicembre 2014, nell’arringa difensiva per Lomonaco, D’Ascola aveva poggiato su un concetto. Posto che le difese hanno provato con testimonianze e documenti che nella fabbrica di Praia a Mare del gruppo Marzotto esistevano i presidi di sicurezza per i lavoratori imposti dalle leggi del tempo, non è stato provato dall’accusa che le cautele, se adottate, avrebbero evitato malattie tumorali. Nel 1997 – aveva ricordato D’Ascola – gli impianti di areazione presenti in fabbrica vengono aggiornati, ma i tumori continuano a verificarsi.

Patrizia Morello – invece – aveva puntato l’attenzione su un’altro aspetto. Lomonaco, nel periodo lavorativo in fabbrica è stato prevalentemente responsabile del reparto tintoria. Non spettava a lui il potere di disporre l’acquisto della tecnologia atta a cautelare il lavoro dei dipendenti. C’erano livelli intermedi di comando ai quali correva quest’obbligo.

“Carlo Lomonaco – aveva poi aggiunto D’Ascola – non è il titolare dell’obbligo giuridico. E stupisce a questo punto che i tanti altri caporeparto non siano nemmeno stati indagati. Nessuno degli operai ammalatisi ha lavorato in tintoria. E sarebbe illogico pensare che Lomonaco omettesse misure di sicurezza esponendo se stesso a rischio, visto che lavorava a stretto contatto con gli operai”.

Secondo la difesa Lomonaco, l’accusa non ha tenuto conto che i riferimenti normativi succedutesi negli anni non profilavano l’interramento dei fanghi da depurazione come reato. Si sarebbe invece affidata alle testimonianze di ex operai, Cicero su tutti, risultati inattendibili alla prova del contro esame in aula.

Per il periodo tra il 2002 e il 2003, quando Lomonaco è stato responsabile della Marlane, sono state depositate le necessarie prove – aveva detto l’avvocato Morello – che i fanghi venivano regolarmente smaltiti.


About Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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