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Nuovi fondamentalismi: la Chiesa sia baluardo di antifascismo

Una riflessione sull’impegno della Chiesa nella resistenza ai nuovi fondamentalismi a 70 anni dalla Costituzione italiana.


DIO NELLA CITTA’ – NUMERO 17, sabato 10 febbraio 2018 – Nell’attuale contesto storico emergono – non solo a livello nazionale – numerosi episodi di natura fondamentalista che insidiano le storiche democrazie, i processi di indipendenza di numerosi Stati e la credibilità di ogni credo religioso.

Il rischio che si corre, infatti, è di ritornare a desueti e rigidi sistemi politici. Desueti, cioè superati quando rimandano ad un periodo storico precedente la promulgazione di innovativi modelli costituzionali, e rigidi quando rievocano forme politiche di natura oligarchica o dittatoriale.

Anche i recenti casi di xenofobia sono legati ad una visione politica nazionalistica che esclude la solidarietà e l’apertura verso gli immigrati, coltivando inconsciamente il mito dell’inesistente razza pura. Di fronte all’attuale contesto culturale definito per lo più “liquido”, è facile pertanto scadere in simili radicalizzazioni con evidenti ripercussioni sul tessuto sociale e religioso.

Pertanto, se la Chiesa intende seguire realmente le orme del suo Maestro e schierarsi dalla parte dei poveri e dei deboli, senta la necessità di mostrarsi quale madre premurosa anche in questioni di natura sociale e politica. L’attuale smarrimento politico al quale assistiamo da decenni, richiede da parte della Chiesa una solida consapevolezza storica. Come già scrisse Vico, i corsi e i ricorsi storici ai quali non possiamo mettere troppi argini si combattono solo con una valida formazione politico-cultuale.

Di fronte ai rigurgiti di antichi e moderni fondamentalismi, la Chiesa rimane la voce libera a favore di un’umanità affrancata da ogni forma di schiavitù o degrado. La storia ci ha insegnato che l’atteggiamento omertoso della Chiesa talvolta ha favorito comportamenti politici non rispettosi della dignità di ciascun essere umano e dei processi democratici.

Perciò, di fronte ai nuovi fondamentalismi politici – o neofascismi in Italia – e di fronte al vuoto della politica attuale, la Chiesa diventa luogo privilegiato attraverso il quale ri-annunciare la possibilità di costruire la società attraverso una nuova relazionalità.

La politica, dunque, diventa contributo fondamentale all’edificazione di un mondo più giusto e fraterno. La Chiesa può e deve contribuire attraverso una profetica azione politica in chiave anti-fondamentalista e attraverso la riscoperta della formazione sociale e politica che passa dallo studio attento della Costituzione italiana, che lo scorso 27 dicembre ha compiuto i suoi 70 anni.

L’antifascismo è innanzitutto culturale – come ha sottolineato sempre Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera lo scorso 12 dicembre –. Composto cioè da numerosi atteggiamenti che richiedono un’urgente bonifica: xenofobia, scarsa responsabilità civile e politica, violenza, omofobia, discriminazioni di ogni genere.

La lotta partigiana e la Resistenza del secolo scorso non furono espressione di un partito isolato dal quale erano esclusi i cattolici, ma fu un’esigenza di popolo, un’urgenza di liberazione dal dominio fascista in vista della promulgazione di una Carta Costituzionale in una Repubblica democratica. A tal proposito è interessante menzionare la figura profetica di don Giuseppe Dossetti, emblema di una Chiesa promotrice del bene integrale di tutti gli uomini i quali, oltre ad essere credenti sono innanzitutto cittadini.

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (articolo 3 della Costituzione italiana).

La Chiesa dunque, si fa promotrice di una formazione sociale antifascista nella misura in cui si fa promotrice di una cultura dell’incontro e dell’inclusione, tanto auspicata da Papa Francesco anche a livello internazionale.

La Chiesa riuscirà in questa missione soltanto se – profeticamente – saprà invitare alla disobbedienza e alla resistenza qualora una moda culturale o una corrente politica fondamentalista, impongano un pensiero dominante in grado di intaccare la dignità delle persone e il cammino democratico delle nazioni. Questa missione ecclesiale richiede di recuperare un sano discernimento evangelico avulso dalle logiche dei partiti, ma immerso nelle gioie e nelle speranze, nelle tristezze e nelle angosce degli uomini di oggi – dei poveri soprattutto – scartati da un sistema che mette al centro il profitto.

I valori della Resistenza non sono pertanto riconducibili ad un solo partito politico, ma esprimono il vissuto e i desideri dei nostri antenati, i quali hanno pagato di persona questa lotta per la liberazione, che oggi viene accantonata dall’amnesia storica dilagante. I giovani sono le prime vittime di questa amnesia provocata causalmente dagli inconsistenti programmi scolastici e dalla scarsa formazione politica e culturale, che sembra essere delegata a pochi interessati nell’indifferenza dei più.

La Chiesa – alla luce del prossimo Sinodo dei Vescovi – potrà rivedere il suo modello educativo recuperando l’impegno per la formazione delle coscienze delle giovani generazioni attraverso i valori della Costituzione e dell’impegno politico-sociale sul quale si gioca il futuro del nostro Paese.

Così Giuseppe Dossetti esortava i giovani a conoscere la Costituzione: “Cercate quindi di conoscerla, di comprendere in profondità i suoi princìpi fondanti, e quindi di farvela amica e compagna di strada. Essa, con le revisioni possibili ed opportune, può garantirvi effettivamente tutti i diritti e tutte le libertà a cui potete ragionevolmente aspirare; vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro”.

Roberto Oliva

Laureato in Beni culturali presso l’Università della Calabria, studente di teologia presso la PFTIM-Catanzaro. Cura un blog su papaboys.org e collabora con Korazym.org e Il Sismografo. Per Infopinione redige la rubrica Dio nella città.

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