Il Gup ha confermato la sentenza di primo grado. Il procedimento è tornato a Paola limitatamente alla parziale incapacità dell’imputato impugnata dalla Cassazione
PAOLA – Omicidio Vommaro, il giudice per le udienze preliminari Rosamaria Misiti ha confermato i 12 anni di carcere per Franco Garritano.
Il processo – ricordiamo – è tornato a Paola dopo essere approdato in Cassazione. Gli ermellini avevano chiesto di motivare a riguardo della parziale incapacità di intendere e volere dell’imputato.
La prima sentenza per rito abbreviato risalente al 2016 era stata impugnata dai giudici della capitale limitatamente all’applicazione dell’articolo 89: vizio parziale di mente.
Il procedimento è quindi tornato in tribunale dove parti civili e pubblico ministero hanno chiesto 18 anni di condanna e il non riconoscimento della parziale incapacità decretata dal perito del giudice, il professore Crisci.
Il giudice, dopo aver rinviato l’udienza disponendo l’audizione di Crisci, ieri ha constatato che lo stesso consulente non avrebbe più potuto deporre per gravi motivi di salute.
Ha quindi invitato le parti a discutere e confermato la sentenza di primo grado. Sentenza che andrà in ogni caso motivata diversamente (tra 45 giorni) in merito alla diminuente dell’incapacità.
A Franco Garritano, accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere, dopo le perizie psichiatriche dei consulenti tecnici, era stato diagnosticato un disturbo di personalità grazie al quale gli è stata riconosciuta la parziale infermità mentale ed il conseguente sconto di pena. Il pm aveva chiesto inizialmente l’ergastolo.
Franco Garritano ha ucciso Maria Vommaro, la donna con la quale conviveva, il 6 ottobre 2014.
Ha poi preso il cadavere e lo ha occultato nella sua autovettura. Si è dato subito dopo alla fuga rendendosi irreperibile. Si era nascosto nei boschi dell’Appennino Paolano, cibandosi di erba e di bacche.
Una lunga fuga senza pressoché nessun contatto. I carabinieri della stazione di Fiumefreddo agli ordini di Mimmo Lio che non avevano però mai smesso di cercarlo lo hanno beccato dopo circa un mese dopo aver battuto ogni centimetro di quella catena lussureggiante e fitta.
L’autopsia ha chiarito che Maria Vommaro sarebbe morta per i colpi ricevuti alla testa e non a causa di una caduta.
Il fattore della spinta era invece stato sostenuto da Garritano. Ma poi le sue testimonianze sono state tutte smontate dagli esiti autoptici.
I figli della donna sono stati rappresentati dagli avvocati Massimo Zicarelli e Patrizia Longo, mentre Garritano dall’avvocato Francesco Sapone.
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