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Contributi: "Paesi fabriche del silenzio"

Prosegue l’apporto dei lettori alle pagine di questo sito con uno scritto di Raffaele Papa, segretario cittadino dell’Mpa e candidato a sindaco del Comune di Tortora come rappresentante del movimento politico “Tortora nel cuore”. Uno scritto quello di Papa su una problematica datata ma quanto mai attuale. Nel ringraziare Raffaele Papa per i suoi contributi vi auguro buona lettura e buona discussione.


 

Il Gestore

Andrea Polizzo.

 

I nostri paesi fabbriche del silenzio per una piaga sempre aperta e sanguinante.

 

DI RAFFAELE PAPA

 

Domenica di fine settembre, quasi ora di pranzo, un amico dei miei figli viene a salutarci, va via a cercar lavoro, parte per la Svizzera, non riesce a trattenere le lacrime e la commozione tocca tutti noi.

 

Venti anni, un diploma, tanta voglia di fare, ma nessun lavoro. Non ha voluto “parcheggiarsi” in qualche università. A quell’età si vorrebbe bruciare il mondo ma guardandosi intorno poco resta da infiammare,  pare che tutto ormai sia cenere.

 

In estate qualcosa si fa, ma per tutto il resto dell’anno? e le prospettive?

 

Allora il riferimento a qualche parente già in terra straniera, che ha percorso le stesse tappe.

La storia si ripete, ma nel ripetersi peggiora, una volta partivano solo i padri, ora partono anche i figli. Il nostro dramma di sempre che lacera i sentimenti e squarcia l’anima. Il mio pensiero corre immediato all’infanzia, agli abbandoni tristi di mio padre anche lui per la Svizzera, momenti che fermano il tempo e che tracciano un solco nella carne.

 

Storie come tante della nostra terra, del nostro Sud, della nostra Calabria, dei nostri paesi che sempre più diventano fabbriche del silenzio.

 

Qui da noi l’estate porta con sé ogni clamore, e per chi resta è l’autunno dell’anima. I padri lontano a guadagnarsi il pane, i figli via alla ricerca di fortuna o a bivaccare in cittadelle universitarie, le madri rimangono nell’attesa e nel silenzio. Un silenzio assordante che inibisce.

 

Si, anche il Sud ha le fabbriche, quelle del silenzio; i nostri antenati e noi e tutti sognavamo altro ma solo questo riusciamo a  produrre: silenzio, silenzio e ancora silenzio.

 

Una volta, si udiva il ticchettio del ciabattino, il martello del fabbro che colpiva l’incudine, le voci dei contadini in groppa al proprio asino; la vita era presente perché si sperava in un altro futuro, almeno per i figli. Ma il futuro non l’abbiamo mai visto, solo riedizioni del passato, che ritorna e rimbomba nella nostra mente con una sentenza che sa di antico ma che è sempre attuale: o briganti… o emigranti!

 

Oggi potremmo dire: o viviamo alla giornata o andiamo a costruirci un futuro altrove.

 

Parole, parole, parole, quante parole in convegni, in assemblee regionali e parlamentari sul lavoro che manca, sull’emigrazione, sull’abbandono del sud; quante inutili discussioni e divisioni: ponte si, ponte no; porto si, porto no; alleanze e non alleanze; destra, sinistra, centro; abbiamo davvero perso il senso dell’essenziale o forse addirittura il senno.

 

Perché nulla di tutto ciò equivale a due occhi gonfi di pianto di un giovane costretto a lasciare la propria terra, i propri affetti, la propria famiglia.

 

E intanto chi dovrebbe consumare le meningi alla ricerca di concrete soluzioni, pensa a rigirasi su una poltrona  non sua, ma che vorrebbe mantenere a vita e di questa ne fa unica ragione.

 

Cosa è successo? Cosa succede? E’ davvero colpa del destino cinico e baro?

No, non è un destino ineludibile, è solo ciò che altri hanno voluto per noi ma con il nostro consenso.

 

L’errore di tutti noi è stato aver consegnato in altrui mani la nostra vita, in mani bucate e di più padroni, la cui sedia vale più di ogni lacrima.

 

Riprendiamoci l’unica vera cosa che ci appartiene, la nostra esistenza e costruiamoci un futuro.

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About Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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2 comments

  1. Per riprendere in mano il nostro futuro, è necessario iniziare a pretendere attivamente di più su tutti i fronti. Innanzitutto dalle istituzioni, perchè ci diano ciò che è necessario e che ci spetta di diritto per porre le basi per costruire un domani migliore: dapprima serietà e coerenza, poi infrastutture e vie dicomunicazioni adegute, e non da ultimo efficienza nei servizi primari (legalità, sanità, istruzione). Soprattutto superare i limiti che noi stessi ci poniamo quando ci rassegnamo allo stereotipo di assistiti apatici attribuitoci da sempre, e cercare di migliorarci in continuazione, superando la mediocrità che deriva dall’accontentarsi di sopravvivere!

  2. Ascoltare o leggere i tuoi pensieri, le tue idee dà quella spinta alla riflessione che dovrebbe condurci ad agire per riprenderci la ns vita.
    Certo le circostanze obbligano a partire a lasciarsi alle spalle quei problemi che vorremmo tutti nn ci appartenessero. Noi che siamo qui però possiamo e dobbiamo chiudere le fabbriche del silenzio e aprire quelle dell ottimismo, quelle che ci faranno emergere. Non continuare qst ns lento agonizzare silenzioso. Mostri seduti su poltrone che bruciano ma che nn abbandonano, che nn danno importanza neppure alla vita dei loro cari, perchè Avvelenano, Deturpano, Uccidono il ns futuro e girano per strada come se tutto fosse normale, come se tutto fosse solo frutto di fantasie, fanno finta di nn vedere di nn sentire perchè nn ripettano nessuno se nn il loro tornaconto personale. Io spero che ci sia la svolta che ci darà modo di sviluppare le ns idee, la ns professionalità,la ns cultura , quello che gia dovevamo avere noi Adolescenti degli anni 80′. Pik